Chiudiamo i porti alle bombe e apriamoli alle persone. Si discuta in tutti i Consigli comunali la "mozione di Assisi"

Perché si creano sempre problemi per far sbarcare i migranti, mentre si resta inerti di fronte all’ennesimo carico di ordigni destinati in Arabia Saudita per essere utilizzati nella guerra in corso in Yemen?

Come dice il sindaco di Assisi, Stefania Proietti, il problema è che nel nostro Paese si rischia di essere “pacifisti da pasticceria”, bravi a fare marce colorate, ma incapaci di incidere sulla realtà delle cose, che, poi, è la sostanza della politica.

Eppure, proprio dalla città di san Francesco, è partito a fine 2018 un movimento che cerca di aggirare il muro di gomma eretto in Parlamento sulla vicenda della responsabilità italiana in un conflitto, si dice dimenticato, dove si colpiscono scuole e ospedali.

Discutere una mozione in consiglio comunale - scrive la rivista Città Nuova nelle pagine on line - può essere pura retorica per enti locali alle prese con tanti problemi oppure diventare l’innesco per l’esercizio di una sovranità popolare che sembra perduta.

La “mozione Assisi”, che chiede lo stop alle bombe e l’impegno per la riconversione economica dei territori falcidiati dalla crisi è ormai stata approvata non solo nella città umbra, ma a Cagliari, Bologna e Verona. E numerosi comuni stanno chiedendo come aderire.

Il Movimento dei Focolari - unitamente a tante altre realtà associative sensibili al tema - lancia l'appello perchè in ogni Comune, piccolo o grande che sia, venga proposta la discussione e il voto sulla "mozione di Assisi".

Un appello che ci riguarda da vicino: basti pensare allo snodo rappresentato da Ghedi, in provincia di Brescia, dove ha sede amministrativa l'azienda tedesca proprietaria della fabbrica che in Sardegna produce le bombe che vengono vendute all'Arabia Saudita e sganciate sullo Yemen.