Congo, in viaggio con Angelo (5) - Intervista al chirurgo Eugenio Ferri



Penultimo appuntamento con il resoconto di viaggio di Angelo Bricca in Congo. Dopo avere raccontato le ragioni di una "vacanza" così impegnativa e dopo averci fatto conoscere il Focolare di Lubumbaschi e la creatività generativa delle focolarine, dopo averci parlato dell'entusiasmo dei sacerdoti e dei giovani seminaristi per i percorsi di formazione loro proposti dal Focolare e avere ricostruito in dettaglio la storia dell'Ospedale "Chgiara Lubich", oggi Angelo ci dà conto del pensiero di Eugenio Ferri, che pur continuando a far parte del Focolare di Brescia si è trasferito in Congo senza temere l'imprevisto, l'inconsueto.


Dalla DDR all'Africa

Appena conseguita la laurea in medicina, Eugenio Ferri parte per la scuola di formazione dei focolarini a Loppiano. È il 1985 e terminato il corso, dopo un breve periodo di permanenza nel Focolare di Milano gli viene proposto nel 2000 – subito dopo la caduta del “muro” - di trasferirsi a Lipsia, allora DDR, vista la sua professione. Così la vocazione alla sequela di Gesù nel Focolare e il suo lavoro di medico cresceranno di pari passo intrecciandosi e sostenendosi a vicenda.

Dopo 10 anni rientra in Italia e vi resta per un decennio. Dal focolare di Parma organizza con un gruppo di giovani e con alcuni colleghi, viaggi in Camerun a Fontem - cittadella del Movimento dei Focolari in Africa - promuovendo progetti di formazione per i membri del locale ospedale.

Dal 2016 è a Brescia dove nel 2020 matura la decisione di trasferirsi in Congo, a Lubumbashi, per sostenere l’Ospedale "Chiara Lubich".


L'intervista 

Eugenio, tante volte hai avuto il coraggio di cambiare, di ricominciare. Stamani mi hanno inviato una preghiera che... dice qualcosa di te. “O Dio dell’imprevisto,  fa’ ch’io non tema mai l’imprevisto l’inconsueto l’impensato poiché proprio Tu fosti tutto ciò e feristi il cuore degli uomini con la tua assoluta Novità".

Si rileggendo la mia vita mi sembra che sia stata una serie di fallimenti: la carriera medica, avere responsabilità nel Movimento, la mancanza di lavoro, la Provvidenza che mi ha permesso di lasciare la Germania nel 2010 per ritornare in Italia... e potrei continuare fino ad oggi, ma ognuno di questi episodi è diventato occasione per rimettermi in sintonia con Dio, ascoltare più profondondamente la realtà e le sfide che incontravo. Questo non mi ha portato a disperarmi o a ricercare di chi era la colpa - anche se a volte è successo anche questo - ma a riaffidarmi a Dio, a rimettermi nel presente alla ricerca fiduciosa di una nuova occasione per poter dare il mio contributo, di far fruttare i talenti che Dio mi ha dato.

Sei un uomo delle decisioni, un chirurgo che sa tagliare quello che è causa di male, fiducioso sulla forza della vita?

Penso piuttosto che la volontà di Dio la si debba prima di tutto ricercarla nel profondo della propria coscienza, poi esser fedeli a quello che essa ci dice. Ma la coscienza va alimentata quotidianamente, anche con l’amore reciproco.  Da anni ormai la mia giornata inizia alle 5,30: dedico questo primo momento del giorno alla meditazione. Mi metto in ascolto della Parola, leggo le letture del giorno, le approfondisco con qualche commento, mi fermo quando qualche punto mi colpisce. Tutto ciò mi apre a nuove prospettive con cui guardare me stesso e la realtà. Non inizio mai la meditazione senza prima pregare lo Spirito Santo. Lì attingo la forza per la giornata, lì si fortificano delle spinte interiori che qualche volta si trasformano in nuovi progetti. Ma importante è andare avanti giorno per giorno facendo bene quello che devo fare e tagliando quello che mi distrae dal percorso scelto.

In effetti la tua vita è preghiera, lavoro, formazione, poco il tempo per distrarsi.

Non sono un asceta, amo la buona cucina, ho coltivato per anni l’hobby della fotografia, mi piacciono i film ora sto guardando con interesse la serie "The Chosen" (n.d.r. “Il Prescelto è una serie americana di successo planetario su Gesù Cristo, nata in ambito evangelico con la consulenza di cattolici; in Italia la si può vedere su Tv2000).  Forse però è vero che una delle parole che mi affascinano del vangelo è “chi rimane in me porta molto frutto”,  perché il molto frutto è sempre legato ad una potatura. Poi ricerco la vita di comunità, perché la comunione profonda con essa è necessaria. Anche questo è fondamentale per ben orientarsi.

Dell’aspetto strettamente professionale di medico al servizio dell’Ospedale "Chiara Lubich" cosa puoi dirci?

Investiamo nel formare persone, medici responsabili attenti ai bisogni dei pazienti. Nel nostro ospedale abbiamo voluto che l’impostazione del lavoro favorisse la permanenza dei medici fissi nella struttura. Alcuni ospedali sono prevalentemente distributori di servizi, ma qui non puntiamo tanto a collaborazioni occasionali ma a medici che scelgono di stare nella struttura dell’ospedale. Abbiamo puntato a creare un team, a curare le relazioni. Attraverso la telemedicina e puntando ad una formazione permanente curata direttamente da noi, l’ospedale risponde a tantissimi dei bisogni dei pazienti che ci contattano e tutto il lavoro è interno. Tre volte la settimana al mattino facciamo l’incontro del personale medico, si parla dei pazienti che presentano più criticità e queste sono occasioni di crescita per tutti.

Anche dal punto di vista spirituale?

Ogni lunedì mattina alle 8,30 ci ritroviamo con medici e infermieri per l’ascolto della Parola e lo scambio delle esperienze. A turno uno del personale prepara un commento, una volta al mese si legge la Parola di Vita. Questo aiuta a prendersi cura della relazione con il malato e fra i noi. La qulaità dell'accoglienza è uno dei punti che ci viene riconosciuto da tutti. Pensa che martedì scorso un signore che avevamo avuto come paziente ci  ha portato 4 sacchi di mais per ringraziare di come era stato curato.

La strumentazione tecnica di cui disponete è adeguata?

Investiamo anche in nuovi macchinari.  È stato un mio impegno continuo quello di cercare di dotare l’ospedale degli strumenti necessari. Abbiamo 3 ecografi sempre molto utilizzati, la sala operatoria ha tutto quello che ci serve, ma sogniamo una macchina di anestesia nuova. Ora vogliamo implementare anche la radiologia.




La novità esigente e stimolante portata da Eugenio

"Eugenio fa crescere i medici che lavorano con lui. - mi dice la dottoressa Judith, una giovane stagista che lavora in ospedale - È esigente, chiede una qualità, un servizio come in Europa. Per me va bene così. Lui promuove uno stile nel lavoro che qui era impensabile prima, una grande cura della pulizia e dell’igiene, cose a cui non eravamo abituati lavorando in altri ospedali".

Ma Eugenio avrà anche qualche difetto? dico io scherzando. "Qualche volta si arrabbia un po’ - risponde sorridendo - ma dopo gli passa e ti chiede anche scusa. In questo ospedale ho avuto la possibilità di crescere professionalmente".

Queste parole sono una conferma degli obiettivi dell’Ospedale "Chiara Lubich", che insieme a cure di qualità offre una prospettiva al personale che qui lavora, uno stipendio adeguato e una crescita integrale,  professionale ed umana, offrendo complessivamente a 42 persone, quasi tutte con una famiglia, la possibilità di costruirsi qui un futuro sostenibile.

Che dire? Grazie ad Eugenio per il coraggio che dimostra nelle grandi che nelle piccole scelte che rinnova ogni giorno. Insieme alla calorosa accoglienza che ho ricevuto dalla comunità di Lubumbashi mi accompagnna una frase ricorrente: "Grazie al Focolare di Brescia che ci ha donato Eugenio!".

Angelo Bricca