La concretezza della carità guidata dal carisma
Stare qui mi permette di avere tante occasione per vivere accanto alle persone che hanno visto nascere l’ospedale Chiara Lubich e farmi raccontare dalle focolarine il filo d’oro che ha legato persone ed avvenimenti dando vita ad un progetto che nessuno all’inizio aveva immaginato.
E’ una storia che mi commuove profondamente: la precarietà della situazione, e la povertà delle risorse hanno attivato la generosità di tanti, formando una catena di solidarietà che ha toccato anche molti di noi! Ho trasformato la lunga chiacchierata con le focolarine in forma di intervista: le risposte sono frutto di tutte loro.
Come è nata l’idea di costruire un ospedale?
Nessuno di noi ha avuto questa idea. Nei primi anni del Focolare qui a Lubumbaschi abbiamo sempre faticato trovare una abitativa stabile. Ogni due, tre anni dovevamo traslocare e ogni volta dovevamo preoccuparci di traslocare anche tutto ciò il necessario per le Mariapoli (100 materassi, sedie, pendole, piatti…). Allora la comunità ha compreso che non si poteva andare avanti così, ma si doveva pensare a costruire una casa per Il focolare.
Nel frattempo abbiamo conosciuto papà Anastase, imprenditore locale che si è appassionato dell’Economia di Comunione. Le sue figlie erano in contatto con il Movimento e un giorno la più piccolina ha detto a papà: “Le focolarine non hanno più casa, diamogli la nostra!” Così il papà ha iniziato a cercare soluzioni per risolvere la situazione.
E voi cosa avete fatto?
Pregato! Una circostanza fortuita ci ha fatto individuare una terra nella periferia della città, ma non avevamo le risorse per acquistare la terra. In quella circostanza padre Angelo Pozzi – religioso salesiano aderente al Movimento – che da tanti anni vive a Lubumbashi ci ha invitato ad avere più fede, a pregare Chiara in particolare, che fosse lei a trovarci una casa, una preghiera che è continuata per 6 anni!
Pregato! Una circostanza fortuita ci ha fatto individuare una terra nella periferia della città, ma non avevamo le risorse per acquistare la terra. In quella circostanza padre Angelo Pozzi – religioso salesiano aderente al Movimento – che da tanti anni vive a Lubumbashi ci ha invitato ad avere più fede, a pregare Chiara in particolare, che fosse lei a trovarci una casa, una preghiera che è continuata per 6 anni!
La strada e l'Ospedale
Con quali risultati?
Un giorno viene a farci visita un religioso, che aveva ricevuto da un benefattore due assegni. Ce li dona: sono una cifra importante, che ci dà fiducia. Restiamo sorprese quando viene a trovarci una signora che con suo marito aveva conosciuto il Movimento in gioventù, che ci porta un’altra somma considerevole, La Parola di Vita di quel mese era “Date e vi sarà dato”. Erano risposte concrete alle nostre preghiere.
Così abbiamo comprato quel terreno, situato però in una località isolata, molto povera, senza alcuna infrastruttura, senz’acqua. Così papà Anastase ha contattato un amico architetto sudafricano, il quale vedendo il posto ha detto che non potevamo fare una casa bella in mezzo a tanta miseria, bisogna invece fare qualcosa per la popolazione.
L’architetto non conosceva il Movimento. Allora ha voluto consultare il sito dei Focolari e si è letto tutta la storia di Chiara. Poi è tornato da noi e ci ha detto: “Chiara Lubich è una donna eccezionale, facciamo un ospedale in questa terra”. Dunque non è venuta da noi la proposta dell’ospedale. Anzi! Inizialmente non ci sembrava proprio opportuno, per la complessità del progetto e la difficoltà poi nella gestione.
Così abbiamo comprato quel terreno, situato però in una località isolata, molto povera, senza alcuna infrastruttura, senz’acqua. Così papà Anastase ha contattato un amico architetto sudafricano, il quale vedendo il posto ha detto che non potevamo fare una casa bella in mezzo a tanta miseria, bisogna invece fare qualcosa per la popolazione.
L’architetto non conosceva il Movimento. Allora ha voluto consultare il sito dei Focolari e si è letto tutta la storia di Chiara. Poi è tornato da noi e ci ha detto: “Chiara Lubich è una donna eccezionale, facciamo un ospedale in questa terra”. Dunque non è venuta da noi la proposta dell’ospedale. Anzi! Inizialmente non ci sembrava proprio opportuno, per la complessità del progetto e la difficoltà poi nella gestione.
Ma avete cominciato subito a fare qualcosa.
Per prima cosa abbiamo costruito un pozzo per mettere gratuitamente a disposizione acqua potabile alla popolazione locale, un pozzo di 66 mt di profondità. Si è poi realizzata una strada, una grande strada di collegamento alla rete viaria esistente. Chi ha voluto fortemente l’ospedale è stato certamente papà Anastase.
Per prima cosa abbiamo costruito un pozzo per mettere gratuitamente a disposizione acqua potabile alla popolazione locale, un pozzo di 66 mt di profondità. Si è poi realizzata una strada, una grande strada di collegamento alla rete viaria esistente. Chi ha voluto fortemente l’ospedale è stato certamente papà Anastase.
Il pozzo che dà acqua a tutti gli abitanti della zona
Avete avuto molto coraggio a dare seguito a quell’idea.
Sì, abbiamo iniziato la costruzione e così si sono mobilitati in tanti per aiutare. Prima di tutto la comunità si è attivata: c’era chi portava cemento, i bambini facevano presepi a Natale e li vendevano. Amici e parenti di Mariapia Radaelli si sono attivati e da allora continuano ogni anno a inviarci aiuti. Un imprenditore, in particolare, ha voluto realizzare per noi un bell’impianto fotovoltaico inviando qui non solo i materiali ma anche i tecnici per il montaggio e per avviare la struttura… ed è arrivata la luce!
Dalla Germania un grosso aiuto è arrivato dall’associazione “Herz für ein Kind”, cuore per un bambino. Abbiamo sperimentato l’amore di Dio anche per la collaborazione nata da subito con medici ed infermieri italiani. Il dottor Eugenio Ferri in particolare ha dato un impulso importante apportando strumentazione tecnica più moderna, assicurando l’esperienza necessaria per formare il personale. Anche Luciano Sguotti, infermiere del Nord Italia, ha aiutato a coordinare e organizzare gli infermieri in quel primo mese di attività, tornando poi varie volte ad aiutare.
Quando è stato inaugurato l’ospedale?
Nel centenario di Chiara Lubich, intitolato a lei che ci ha aiutato in tanti modi. Prima di inaugurarlo abbiamo fatto un ritiro di tre giorni invitando tutto il personale, per condividere i valori e le caratteristiche irrinunciabili che deve avere il nostro ospedale.
Che impatto ha avuto sul territorio?
Quando la gente dei dintorni ci ha visto arrivare, tanti hanno acquistato terreni vicino ed ora ci troviamo con tante case attorno all’Ospedale. Il governo ci ha chiesto di dare un nome a questo nuovo quartiere. L’abbiamo chiamato “Avenue Focolare”: vorremmo che diventasse tutto un focolare dove l’amore scambievole e tutti i nostri valori siano vissuti.
Abbiamo invitato le famiglie che si erano trasferite vicino a noi, in particolare donne senza lavoro, a venire insieme a coltivare riso, mais, ed altri ortaggi nei nostri campi tutti intorno all’ospedale, ed è nato un piccolo progetto per far lavorare i tanti che non hanno lavoro.
Ora l’ospedale si sta ingrandendo piano piano, e tante persone che vengono a visitarlo ci dicono che qui c’è qualcosa di speciale, colgono lo spirito dell’Ideale e di Chiara. Lo spirito dell’Economia di Comunione ci porta a privilegiare i più poveri. L'ospedale ha una pagina dedicata proprio nel sito dell'Associazione per l'Economia di Comunione in Congo.
Quando la gente dei dintorni ci ha visto arrivare, tanti hanno acquistato terreni vicino ed ora ci troviamo con tante case attorno all’Ospedale. Il governo ci ha chiesto di dare un nome a questo nuovo quartiere. L’abbiamo chiamato “Avenue Focolare”: vorremmo che diventasse tutto un focolare dove l’amore scambievole e tutti i nostri valori siano vissuti.
Abbiamo invitato le famiglie che si erano trasferite vicino a noi, in particolare donne senza lavoro, a venire insieme a coltivare riso, mais, ed altri ortaggi nei nostri campi tutti intorno all’ospedale, ed è nato un piccolo progetto per far lavorare i tanti che non hanno lavoro.
Ora l’ospedale si sta ingrandendo piano piano, e tante persone che vengono a visitarlo ci dicono che qui c’è qualcosa di speciale, colgono lo spirito dell’Ideale e di Chiara. Lo spirito dell’Economia di Comunione ci porta a privilegiare i più poveri. L'ospedale ha una pagina dedicata proprio nel sito dell'Associazione per l'Economia di Comunione in Congo.
La farmacia dell'Ospedale "Chiara Lubich"
Come è stato l’avvio di questa nuova struttura in un posto di periferia così povero?
Quando nel settembre 2020 il dottor Eugenio Ferri e Luciano Sguotti sono arrivati, non eravamo ancora pronti per avviare l’ospedale: mancavano letti, materassi e lenzuola. Mancavano tante cose ma l’arrivo dei due ci ha dato coraggio, Non potevamo ancora accogliere gli ammalati, è arrivato però prima un bambino con la malaria gravissimo, non lo si poteva mandare via così ed è stato ammesso, un altro aveva una grossa pancia e si è dovuto operare d’urgenza, Così siamo partiti. Ora sono migliorate tantissime cose, sono arrivati container dall’Italia, tanti aiuti.
L’ospedale ora sta diventando un punto di riferimento per il territorio e il governo locale gli ha dato il titolo di “hopital de reference” per cui altri ospedali vicini possono inviarci tutti i casi difficili da curare.
Scusate, ma la casa del Focolare…
Siamo ancora nella vecchia casa, sempre in affitto. Quel che conta è che con l’aiuto di tanti abbiamo risposto al grido della nostra gente. Il resto verrà.
Angelo Bricca
Papà Anastase ed Eugenio Ferri