In questa ultima corrispondenza dal Congo di Angelo Bricca scopriamo che i bambini sanno evangelizzare come e più dei grandi, che i miracoli esistono, che cuori aperti alla Provvidenza sanno realizzare cose grandi, che c'è sempre bisogno dell'aiuto concreto da parte di chi, anche se da lontano, condivide il sogno di un mondo unito.
Un invito a cena speciale
I giorni qui a Lubumbashi scorrono veloci, specie la seconda settimana in cui il traffico fa un po’ meno paura, mi sforzo di essere utile anch’io come posso all’Ospedale "Chiara Lubich", mentre le serate sono occasione per approfondire la conoscenza di alcune famiglie della comunità. Giovedì sera l’appuntamento è davvero speciale, siamo invitati a cena da un imprenditore di successo di Lubumbashi, Ngoy Anastase Kasembe. Dirige l’azienda Brass Security: Troviamo nel sito web della società che “lavora nell’ambito della Sicurezza & Servizi … conta 4500 dipendenti, opera in 5 paesi”.
È anche grazie alla sua capacità imprenditoriale ed organizzativa che l’Ospedale è nato e si è strutturato in breve tempo in armonia alla cultura locale. Per noi Ngoy Anastase Kasembe è semplicemente Papà Anastase. Ci lega tanta stima ed affetto. È venuto a Brescia in varie occasioni ed il rapporto è semplice e familiare.
Con me sono stati invitati anche Eugenio Ferri e le focolarine del Focolare di Lubumbashi. Prendo coscienza che l’Ospedale Chiara Lubich è anche frutto dei loro rapporti e della loro collaborazione in piena fiducia reciproca. Ciascuno ha dato un apporto insostituibile, in ambiti diversi, ma in grande armonia. La Provvidenza ha poi toccato i cuori di tante comunità, enti, singoli privati, che hanno dato con generosità il loro contributo.
Mi affascina capire cosa ha spinto Papà Anastase ad impegnarsi con la moglie Yvette per l’Ospedale, dando una spinta decisiva al progetto coinvolgendo tanti, trasmettendo passione, investendo soldi, tempo”
Come hai conosciuto il focolare e la spiritualità che lo anima?
Hanno conosciuto il movimento prima di me i miei cinque figli ancora bambini ed io andando a riprendere in Focolare dopo l’incontro chiedevo spesso loro: cosa avete imparato oggi? Le loro risposte mi stupivano, visto la loro tenera età. Una la ricordo ancora: “Chiara ha detto se tu fai degli atti d‘amore costruisci la tua casa in Cielo, più atti d’amore fai più “mattoni” ottieni per costruire la casa, ma se fai qualcosa di male incominci a distruggere te stesso, e quella casa”.
Mi sono chiesto come una bambina può dirmi cose così profonde. Così ho deciso di conoscere le persone che insegnavano ai miei figli queste belle cose, ed ho incontrato direttamente le focolarine, ma ho preso la decisione di legarmi di più al Movimento dei Focolari ad un convegno sull’Economia di Comunione organizzato qui a Lubumbashi. (Nella foto in alto, un incontro di imprenditori di EdC).
Ho trovato grande sintonia e continuità fra la mia formazione precedente e la nuova esperienza. L’ho trovato molto conforme alla mia visione “ignaziana”, trovando in Chiara anche una grande concretezza nel mettere in pratica quanto la spiritualità ci faceva intuire. Facevo spesso questo esempio: tutti sappiamo che gli elettroni esistono ma non li vediamo, con l’EdC gli elettroni li puoi anche vedere e tu stesso ti metti in movimento, diventi anche tu un elettrone.
Nel 2017 ho partecipato all’incontro internazionale sull’Economia di Comunione dove fra l’altro ho avuto modo di salutare personalmente papa Francesco.
I miei figli mi hanno anche coinvolto nella sistemazione e pittura della nuova casa in cui le focolarine avevano traslocato.
A questo proposito, Amisa, una delle focolarine mi aveva raccontato che spesso Papà Anastase arrivava non solo con materiali edili, ma anche con grandi ceste di pane, di carne, pesce patate. Il suo era un amore attendo e concreto.
Anche Mama Yvette, la moglie di Papà Anastase, è stata colpita dalle esperienze di Economia di Comunione. Da che cosa in particolare me lo racconta lei stessa.
Ho sempre sostenuto mio marito in questo percorso, l’ho accompagnato anche a Roma, al Congresso sull’EdC, Io non volevo andare perché non facevo parte del Focolare, ma non mi sono mai sentita a disagio perché era proposto un’Ideale universale che tutti accoglie.
Conosciuta l’EdC ho avvertito che dovevamo fare qualcosa di concreto, l’ho detto a mio marito ed ho cercato anch’io di impegnarmi in prima persona. Quando si è deciso di costruire l’Ospedale mi sono messa in prima fila alla costruzione dei mattoni. Qui da noi vengono realizzati utilizzando, debitamente trattata, la terra dei termitai e sulla nostra proprietà ce n’erano diversi. Ho seguito direttamente e per tutto il tempo la squadra di lavoratori che li produceva. Tutto l’ospedale è stato costruito con questi mattoni, è proprio un monumento alla carità!
Inoltre, come mamma ho molto apprezzato che nel Movimento dei Focolari tutta la famiglia veniva coinvolta, grandi e piccoli e a ciascuno, seppur in modo diverso, era proposto lo stesso percorso.
Papà Anastase, ci sono stati certamente momenti di difficoltà: cosa ti ha convinto ad andare avanti?
Costatare i “miracoli dell’Amore di Dio. La terra che avevamo scelto era di proprietà dello Stato e noi l'abbiamo acquistata direttamente dall'Ufficio del Catasto e non da privati. Nonostante tutta l’operazione fosse ben documentata dopo la costruzione dell’Ospedale ci è stato detto che le rotte aeree erano tracciate proprio sopra di esso ed il Governo centrale era intervenuto decidendo di smantellare tutto quello che era stato costruito sotto le rotte.
Arrivò a Lubumbashi una commissione inviata da Kinshasa, la capitale, con il compito di rendere esecutiva la decisione Era formata da funzionari statali e da militari che partendo dall'aeroporto cominciarono subito i lavori di demolizione di tutto ciò che era stato costruito e ben presto arrivarono da noi.
Tutti coloro che avevano costruito le loro case intorno al nascente Ospedale si mobilitarono: “Se lo distruggete - dicevano - distruggerete tutti noi”. In quella località, infatti, non c'era acqua, ma il Focolare aveva costruito il pozzo che assicurava acqua potabile a tutti.
Per parte nostra avevamo invitato un funzionario del Catasto per dimostrare le nostre ragioni ma la responsabile della Commissione pretese che si desse subito corso alla distruzione dell'Ospedale.
Seguirono momenti di forte tensione, con gli abitanti che insitevano dicendo che l'Ospedale era stato contrito da “religiosi” e non lo si poteva distruggere. Alla fine, venne dato l'ordine al macchinista della ruspa di avviare la demolizione. L'uomo si mise alla guida ma poco dopo scese dal mezzo dicendo che dalla ruspa non vedeva più, tutto era diventato nero davanti a lui, non era in grado di continuare il lavoro.
A quel punto il Colonnello dell’esercito intervenne dicendo che il terreno apparteneva a religiosi e non si poteva distruggere l'Ospedale. Nel frattempo era arrivato anche il sindaco di Lubumbashi, il quale testimoniò che i focolarini erano lì con un. progetto al servizio delle gente.
A quel punto il Colonnello dell’esercito intervenne dicendo che il terreno apparteneva a religiosi e non si poteva distruggere l'Ospedale. Nel frattempo era arrivato anche il sindaco di Lubumbashi, il quale testimoniò che i focolarini erano lì con un. progetto al servizio delle gente.
Così la Commissione decise di lasciar perdere gli ordini ricevuti. Alla fine, il responsabile del Catasto mi disse: "Le “maman del Focolare” pregano il vero Dio: dobbiamo rispettare questo luogo. Che nessuno dica che noi vi abbiamo aiutati, è Dio che vi ha aiutati”.
Questo ci è sembrato un vero miracolo. Per tutti della comunità ad intercedere per noi fu Paolo Melo, responsabile del Movimento dei Focolari del Congo, che qualche anno prima era “partito” per il Cielo.
Questo ci è sembrato un vero miracolo. Per tutti della comunità ad intercedere per noi fu Paolo Melo, responsabile del Movimento dei Focolari del Congo, che qualche anno prima era “partito” per il Cielo.
Si è fatto tardi, avrei voluto fare tantissime altre domande, ma penso che l’essenziale è già emerso. Ora in questo povero angolo di mondo privo di quasi tutto, l'Ospedale "Chiara Lubich" è un segno di speranza, una testimonianza sul valore della vita umana: qui, quando arriva un malato grave e c'è la necessità di intervenire con urgenza, non si attende che le prestazioni siano pagate anticipatamente, come viene fatto negli altri ospedali!
Poi perché l’ospedale possa continuare ad esistere è necessario mantenere la sostenibilità economica, in quanto non riceve finanziamenti di nessun tipo. È una sfida questa quasi impossibile per cui c’è bisogno di persone come papà Anastase, Eugenio, le focolarine, che non temono le prove se sono certi che Dio è con loro, sapendo bene che la “fraternità universale” è, soprattutto in Congo, l’unica prospettiva di speranza possibile!
Dio poi sa toccare il cuore di tanti, e con, la condivisione di pochi pani e pesci sa sfamare le folle, sa guarire i malati, sa resuscitare a vita nuova coloro che sono stati prigionieri per la paura del loro egoismo.
Angelo Bricca