Eugenio Ferri ritorna in Africa. Con l'idea di starci per sempre e costruire legami d'aiuto e di consapevolezza



Eugenio Ferri, medico chirurgo di origini piacentine, dopo alcuni anni trascorsi nel Focolare di Brescia ritorna in Africa. Nella foto, scattata oggi all'imbarco dell'aeroporto di Milano Malpensa, è con Luciano Sguotti (a sinistra) che farà un mese di volontariato in corsia.

Concluso il periodo di formazione al Focolare, Eugenio è stato nella Germania dell'Est - era il 1993 - dove ha lavorato in un grande ospedale testimoniando con la vita, i comportamenti, l'attenzione verso tutti, la sua scelta per un Vangelo vissuto alla lettera. Dopo dieci anni è tornato in Italia e ha preso servizio all'Ospedale di Piacenza, nel presidio di Fiorenzuola. Con amici, colleghi e studenti ha avviato un ponte con l'Africa per portare aiuti e competenze.

Tra il 2013 e il 2015 è stato prima  in Camerun, nella cittadella dei Focolari di Fontem, e poi nella Repubblica Democratica del Congo, a Kinshasa, nel piccolo ospedale gestito dal Movimento. “Ora, dopo un bel periodo di riflessione personale ma soprattutto comunitaria, mi licenzio dal lavoro a Piacenza e parto per Lubumbashi, sempre in Congo".


Dunque di nuovo in Congo! A fare che cosa? 

"A Lubumbashi la comunità del Focolare nata negli anni '70, è fiorente, ricca di giovani e persone di grande valore. Ho avuto modo l'anno scorso di essere presente all'inaugurazione di un piccolo ospedale costruito con risorse locali! il Focolare femminile e tutti i focolarini sposati e la comunità sostengono questa iniziativa. Costruito alla periferia della città che, per il fenomeno della urbanizzazione, si sta velocemente popolando. Nascono tante piccole casette fatte con i mattoni della terra dei grandi termitai che sono presenti numerosi. La foresta è stata tagliata già due decenni fa e ora rimane una pianura con alberi piccoli. Un imprenditore dell'Economia di Comunione voleva fare qualcosa per la propria gente e sostenuto dal Focolare ha costruito il piccolo ospedale".


Certo, un conto è costruire dei muri, un altro metterci il contenuto.

Quando ho conosciuto la comunità, mi sono anche reso conto che avevano proprio bisogno di una mano professionale per poter iniziare e progettare il futuro dell'ospedale. La Provvidenza non si è fatta aspettare per cui ho potuto mandare quello che ancora mancava per iniziare. La sterilizzatrice e altri utensili arriveranno proprio nei giorni del nostro arrivo. “Nostro” perché anche Luciano Sguotti, Volontario, infermiere di Verona, ha voluto venire con me per un mese, e sarà prezioso per impostare la parte infermieristica.

Nella Repubblica Democratica del Congo il il Focolare maschile è nella capitale, a Kinshasa: il mio arrivo è visto di buon auspicio per poter aprire anche a Lubumbashi il Focolare maschile: la vita ci dirà".


Insomma, stare a Brescia, Piacenza o Lubumbashi è la stessa cosa! 

"E’ sempre una sorpresa vedere come in angoli sperduti del mondo è sempre possibile sentirsi a casa con persone che vivono lo stesso Ideale: Dio che agisce nella sua parola e nella vita del Focolare. Ci si trova a casa, fratelli. Non si parte mai da soli, non si arriva mai da soli, non sta in alcun posto da soli".


Anche negli anni in cui ha vissuto a Brescia lei ha fatto diversi viaggi, più o meno lunghi, in Africa, tenendo vivo un legame importante e coinvolgendo in azioni concrete tante persone.

"L'Africa ha uno straordinario bisogno di aiuti e di una consapevolezza nuova da parte del Nord del Mondo delle sue responsabilità. Paradossalmente è più facile aprire il portafoglio che la testa. Ma è un percorso che va fatto contestualmente. Partendo dai bisogni concreti, ovviamente. Per questo abbiamo raccolto e fatto partire in questi anni contributi in denaro e in attrezzature per l’Ospedale di Lubumbashi. Un ospedale che è un regalo dell’occidente, ma che adesso è di quel popolo”.


Cosa ha chiesto agli amici che in tanti sono venuti a salutarla in questi ultimi giorni?

"Di continuare insieme. Chiaramente avrò bisogno di supporto esterno per mantenere la qualità delle cure e garantire l’accesso agli indigenti, ma soprattutto penso che questo l'Ospedale di Lubumbaschi potrà diventare una vera scuola di comunione. Esperienze di medici e personale sanitario, campi di lavoro per giovani, tutto è possibile. Quindi si avrà bisogno di fondi ma forse di più di persone che vengano a condividere questa esperienza. Vi aspetto!".