Tessitori di fraternità al tempo del Coronavirus? L'esperienza di Anna e di un suo collega cinese

Anna è un’analista di laboratorio, bresciana, che lavora fianco a fianco ad un collega cinese. La moglie e la figlia di quest'ultimo, a gennaio, lo hanno raggiunto in Italia per passare con lui un periodo di vacanza.

Un giorno, entrando in un supermercato, mamma e figlia sono state aggredite verbalmente da un gruppo di ragazzi italiani, che le accusava di essere "untori" del Coronavirus.

Raccontando ad Anna l'accaduto il collega cinese le ha confidato la sua grande amarezza.

Da quella dolorosa condivisone è nato però un rapporto speciale di fraternità e di solidarietà.



Molto più che semplici colleghi

Da qualche tempo ho come collega un medico cinese, in Italia da un anno e mezzo per conseguire il dottorato di ricerca presso i laboratori universitari dove anch’io lavoro.

Fin dall’inizio della diffusione del Coronavirus in Cina, ogni volta che parlo con lui, la preoccupazione e la tensione sono palpabili: per i suoi parenti, per i suoi amici e per la comunità dei suoi colleghi medici che operano instancabilmente in Cina.

E si sono accresciute ancor più quando sua moglie e sua figlia, giunte in Italia all’inizio di gennaio 2020 per un periodo di vacanze, sono state vittime, mentre si trovavano in un supermercato, di una violenta aggressione verbale da parte di alcuni ragazzi italiani le hanno pesantemente accusate di essere “untori”.

Insieme ad una collega di lavoro abbiamo accolto il suo sfogo di dolore per quanto successo; personalmente gli ho detto che sappiamo che i virus non hanno nazionalità e che ciò che invece più importa è che tra noi ci aiutiamo l’un altro, il più possibile.


E’ stato come se avessimo fatto un patto tra noi tutti. Una mia collega si è offerta di accompagnare lui e la famiglia quando avessero avuto necessità di provvedere alla spesa e anche di accompagnare moglie e figlia all’aeroporto, il giorno del loro rientro in Cina, per evitare che il viaggio potesse trasformarsi di nuovo in una spiacevole esperienza.

Il medico cinese, nei giorni scorsi, quando la situazione italiana si è pesantemente aggravata, sapendo della difficoltà di reperire le mascherine protettive nelle nostre farmacie, si è dato da fare per procurarne un numero sufficiente per noi colleghi di lavoro e le nostre famiglie, attraverso i canali di distribuzione della comunità cinese in Italia.

Da semplici colleghi ci siamo sentiti trasformati in piccoli tessitori di fraternità!

Anna