La voce di Francesca e l'esperienza di un Genfest che si fa Speranza viva

Francesca ha 23 anni ed una laurea in Lingue, comunicazione e media. E' tornata in Italia da poco - vive a Bagnolo Mella, non lontano da Brescia - dopo avere vissuto e studiato per oltre un anno tra Bordeaux e Manchester.

Adesso frequenta il secondo anno del corso magistrale di Lingue, letterature e culture nell'Università Cattolica di Brescia.

Con i giovani del Movimento dei Focolari Francesca condivide un cammino di formazione e fotografa le sue passioni (maiuscole comprese) in una frase: "Amo la musica in tutte le sue forme e la Vita che si genera dall'infinita Bellezza delle piccole cose".

Nel programma del Genfest Italia del primo maggio a Loppiano c'era anche il suo contributo artistico: accompagnata al pianoforte da Emanuele Chirco ha cantato due brani che hanno emozionato le migliaia di giovani presenti.



“Facciamo in modo di non doverci pentire di aver amato troppo poco”

Condividete ogni cosa con i vostri amici: momenti di gioia e di vittoria, di dolore e di fallimento, perché la luce non si spenga. Pregate e perdonate, perché se andare controcorrente costa, lì è la radice profonda della riuscita.
Ma “una città non basta”: Sì, con Dio, una città è troppo poco. Egli è colui che ha fatto le stelle, che guida i destini dei secoli e con Lui si può mirare più lontano, alla patria di tutti, al mondo. Ogni nostro respiro sia per questo, per questo ogni nostro gesto, per questo il riposo e il cammino.
Alla fine della vita facciamo in modo di non doverci pentire di aver amato troppo poco.

Chiara Lubich lo aveva scritto nel 2006 ai giovani che si erano dati appuntamento a Loppiano il primo maggio. E con questo stesso testo si è conclusa la tappa italiana del Genfest 2018.


Le porto costantemente in cuore, queste parole. Risuonano forti, dicono di una radicalità necessaria per poter compiere passi verso un cambiamento possibile. Ed in questo, la possibilità di cercare, anche di sbagliare, ma di fare sempre esperienza di Vita condivisa, intrisa di Unità e bellezza.


Il Call to Genfest che ha preceduto l'incontro a Loppinao e poi il meeting del primo maggio Beyond me mi hanno donato proprio questo. La possibilità di rischiare, amare anche nel fallimento, ritrovare il coraggio, il desiderio, la passione, e ancora compiere un piccolo passo verso una santità possibile, “La santità che non consiste nel fare cose ogni giorno più difficili - diceva Santa Teresa d'Avila - ma nel farle ogni volta con più amore”.


E’ stato immenso, ritrovarsi e sentirsi fratelli e sorelle d’anima. È immenso, aver vissuto, respirato abbracci che sanno d’eternità, già qui, su questa terra. Ma che poi conducono a tenere fisso lo sguardo là, nei Cieli, dove tutto prende un senso: il Senso.


Ancora, mentre cantavo, immenso è stato vedere dal palco che davvero ogni confine era superato. Tutto parlava di un ‘Oltre’. Oltre la precarietà e la paura, oltre il vuoto e la morte, oltre la disabilità e il dolore, oltre la violenza e i drammi dell’umanità. Oltre ogni confine, personale o sociale.


Con i miei occhi, da quel palco, ho potuto scorgere la Speranza. Quella Speranza, che seppur piccola, illumina anche la notte più profonda, e che ha accompagnato la testimonianza dei giovani siriani George e Michael, il cammino del tenore Marco Voleri, o ancora del campione paraolimpico Simone Barlaam. Una speranza viva, che diviene Via e meta perché riposta in Colui che tutto può: "Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza". [Corinzi, 2-12, 9]


Ho vissuto la Speranza che custodisce una Verità: ‘Che c’è bisogno di cuore. Di dolcezza. Di giustizia. Di misericordia. Di purezza. Di pace. Di coraggio. Che c’è bisogno di un ‘Oltre’, per essere creatori con Dio, di una Vita che va sempre al di là di ogni nostra aspettativa. ‘Che c’è bisogno, sempre e soprattutto, di un’Unità che salva e che si fa generatrice di ponti d’Amore.

Lascio ad Hermann Hesse nel suo Siddartha la conclusione: “Lentamente fioriva la consapevolezza di ciò che realmente sia saggezza, qual fosse la meta del suo lungo cercare. Non era nient’altro che una disposizione dell’anima, una capacità, un’arte segreta di pensare in qualunque istante, nel bel mezzo della vita, il pensiero dell’unità, sentire l’unità e per così dire respirarla”.


Immensa è la gratitudine che custodisco. Grazie a ciascuno


Francesca Cionfoli