Fare impresa al tempo del Coronavirus. Una testimonianza bresciana: "Dilazioniamo i pagamenti ai clienti. Ci diamo da fare per trovarne di nuovi ed evitare il ricorso alla cassa integrazione"

In questo periodo di estreme restrizioni che ci troviamo a vivere non mancano, anche se virtuali, confronti e riflessioni tra amici sulle esperienze che ciascuno vive.

Non nascondo che le esperienze che più mi coinvolgono sono quelle di imprenditori e commercialisti che non nascondono le preoccupazioni per la crisi anche economica che questo Coronavirus ha portato con sé.

Una partecipazione che nasce in me per una sorta di revival di storie aziendali famigliari nelle quali emergeva sempre l’attenzione alla persona più che all’interesse dell’azienda.

L’altra sera ho avuto una lunga telefonata con uno di questi amici, titolare di un'attività della filiera alimentare esclusa dal blocco produttivo deciso dal Governo per arginare il contagio. Aveva appena terminato il consiglio d’azienda, l'appuntamento settimanale nel quale si mettono sul tavolo tutti i problemi, i bilanci, le ricerche comuni di soluzioni.

Ma come ve la cavate in questo periodo? E’ stata la domanda ingenua che mi è venuta dal cuore.

Ne è nata una condivisione profonda da cui è emersa tutta la dimensione umana di un imprenditore di azienda molto rinomata, di quelle “sane”, diresti, di quelle che non si fermano all’oggi, ma che vivono l’oggi per costruire il dopo.

Loro non hanno problemi, hanno business sia in territorio nazionale che estero e possono lavorare perché rientrano tra le aziende autorizzate a proseguire nella produzione ma…

Abbiamo molti clienti che hanno dovuto chiudere l’attività in questi mesi e anche per noi la produzione quindi ha subito un rallentamento. Mi sono chiesto cosa potevamo fare e ho iniziato a fare telefonate, non interessate, ma per capire cosa stessero vivendo i clienti, per assicurare una vicinanza personale. E per rispondere in modo anche concreto alle sofferenze raccolte, ho proposto una dilazione dei pagamenti, accolta con gratitudine soprattutto per il segno di solidarietà percepito”.

In seguito alla diminuzione delle richieste, sarebbe stato logico anche pensare a un periodo di cassa integrazione per alcuni dipendenti, ma questo avrebbe significato per loro la riduzione dello stipendio del 30%: "Una decurtazione troppo rilevante per chi ha una famiglia alle spalle - continua il mio amico – così ho deciso di intensificare la ricerca di nuovi clienti, di ricontattare vecchi clienti! Mi sono detto che tutti offrono qualcosa di sé in questo periodo di crisi e io devo tirar fuori tutte le mie capacità di imprenditore".

Anche questo è un segno di fiducia nel futuro, di chi non vuole mollare perché ha in cuore il bene del prossimo.

f. c.