Spesse volte la nostra generosità e il nostro altruismo ci spingono a farci carico dei bisogni degli altri, specialmente i più deboli e in difficoltà; talvolta però ”i frutti” del donarci non corrispondono alle aspettative. Perché? L’esperienza di questa mamma ci può essere di risposta.
Una mia amica d'infanzia mi ha chiesto se, per tutta la durata dell'anno scolastico, avrei potuto darle una mano nell’accudire, in sua assenza, le due figlie. L'impegno prevedeva che venissero da me a pranzo dopo la scuola e che rimanessero fino all'ora di cena; quindi, nel pomeriggio, che mi occupassi anche nel seguirle nell’esecuzione dei compiti. Questo per due giorni alla settimana.
D’accordo con la mia famiglia, anche per una mia speciale sensibilità verso chi è nel bisogno, ho accettato la richiesta che ho da subito avvertito come una vera e propria missione.
Nella mia testa frullava l'idea che, con l'impegno e la tenacia, avrei migliorato il rendimento scolastico delle bambine, soprattutto di quella più grande che mostrava parecchie fragilità. Questa tensione a “fare bene”, man mano passavano i giorni mi metteva addosso molta ansia ed in più mi sentivo frustrata ed esausta, visto gli scarsi risultati.
Cominciava a pesarmi il tutto e mi chiedevo come avrei fatto ad arrivare fino a maggio. Ho parlato di queste difficoltà con mio marito e con alcune amiche con cui condivido il cammino spirituale. Poco tempo dopo la risposta si è fatta strada dentro il mio cuore: non era il metodo giusto, stavo sbagliando. Non dovevo pensare ad un traguardo che io, con la mia caparbietà, mi prefiggevo (l'uomo vecchio è sempre in agguato!), ma solo ad amare e ad accettare la realtà con animo libero. Insomma credere che se il mio amore fosse stato disinteressato, avrei potuto lasciare spazio all’azione di “Qualcun Altro”.
Mi sono sentita da subito più serena e più “leggera”. Di strada ce n'è ancora tanta, ma non mi sento più oppressa. Io sono solo uno strumento d’amore e l’amore non fa calcoli!