La rivoluzione viaggia in treno. Franca, i fidanzati e il grazie di Valentina

Un’attesa snervante in stazione. Compagni di viaggio con “esigenze” diverse e la conferma di quanto rivoluzionario è mettersi ad ascoltare attivamente per costruire, anche nel breve spazio di qualche ora di viaggio, rapporti veri che regalano fiducia e speranza. E’ il racconto di un Roma-Bergamo che comincia tra mille preoccupazioni ma finisce con la gioia nel cuore.



LA RIVOLUZIONE DELL'ASCOLTO

Roma, stazione Termini. Ma chi me l'ha fatto fare di scegliere il treno per tornare a casa? Certo, per evitare a mio marito di macinare centinaia di chilometri per venirmi a prendere; ma anche per utilizzare “bene” il tempo del viaggio: riordinare gli appunti del convegno a cui ho partecipato, fare le telefonate che non ho potuto fare in queste giornate romane, riposare!

Le ore di attesa non passano mai! Persone che vanno e vengono, che ti urtano con i loro bagagli senza quasi chiedere scusa, che corrono, sbuffano, fumano. Gli occhi di tutti sono ai tabelloni che continuamente fanno scorrere le informazioni su arrivi e partenze, sui varchi di controllo per accedere ai binari.

Cosa posso fare nel frattempo? La stazione è tappezzata di avvertimenti: “Attenzione ai borseggiatori!”. Mi metto “al sicuro” nell'angolo di un bar, la borsa stretta sotto braccio. Sono sola... devo pur proteggermi!
La terrazza del bar mi offre un momento di tranquillità. Prendo un decaffeinato (normale mi agiterebbe più di quanto già lo sono), guardo il telefonino e rispondo ad una delle chiamate: è l'occasione per rendermi conto che comunque non solo da sola.

Dopo infinite rotazioni, sul tabellone arriva anche la segnalazione del mio treno: Gate D, Binario 1. Ricontrollo per l'ennesima volta il mio biglietto: carrozza 6, posto 15 D. Mi accorgo di aver accumulato un sacco di tensione. Ma adesso sono sulla carrozza che mi hanno assegnato, al mio posto e posso rilassarmi!
Arrivano due fidanzati: “Ma no! – dice lei delusa, quasi a rimproverare il ragazzo – non abbiamo i posti vicini”. Lui infatti è accanto a me, lei nelle poltrone dall'altra parte del corridoio.

Si siedono, si cercano con gli occhi, ma sono distanti. Allora propongo alla ragazza di scambiarci il posto, così potrà stare vicino al suo ragazzo: “Veramente? Che gentile!”. Nello scambio – penso tra me – ci ho anche guadagnato: sono dalla parte in cui tramonta il sole, sarà bellissimo!

Manca poco alla partenza e ad occupare il posto libero accanto al mio arriva una giovane donna: cellulare, cuffiette, occhiali da sole; con un foulard si copre quasi del tutto il volto. “Scusi – mi dice – può abbassare la tenda del finestrino? Ho un tale mal di testa che il sole proprio mi dà fastidio!”. E io che volevo vedere il tramonto!

Abbasso quasi fino in fondo. Lascio solo un piccolo spiraglio: lasciandomi scivolare sul sedile posso scorgere delle dolci colline che iniziano a giocare con le luci del tramonto. “Scusi – mi dice ancora – lei non ha freddo? Quest'aria condizionata non aiuta il mio mal di testa”. Sento montare dentro di me la voglia di catalogarla alla voce “scocciatori pesanti”, di giudicarla. Ma mi torna alla mente la raccomandazione  del “passaparola” che ogni giorno il Movimento dei Focolari propone a quanti vogliono condividere un pensiero per fare migliore la giornata: “Essere attenti a chi soffre”. E così tiro fuori dalla borsa il mio golfino e glielo offro.

Lei mi guarda incredula: “Se raccontassi a qualcuno questa cosa, nessuno mi crederebbe. E quando mai si trovano in giro persone come lei? Grazie, grazie mille!”.
Si copre con la maglia che le ho offerto, chiude gli occhi e si addormenta.
Sorrido a lei e a me stessa pensando a quel “Ma chi me l'ha fatto fare di viaggiare da sola” che ha tormentato la mia attesa a Termini!

Quando la mia vicina di posto si sveglia inizia a raccontarmi tutto di sé, della sua vacanza e del suo lavoro, della sua famiglia e delle sue passioni... mi mostra il cellulare, le foto di famiglia, dei viaggi, del compagno. Valentina, questo il suo nome, è un fiume in piena: parla e si racconta. Il treno sta arrivando nella stazione dove lei deve scendere. “Grazie – mi dice commossa – raramente mi è capitato di trovare una persona nella quale si può avere fiducia!”.

La guardo allontanarsi e penso che in fondo l’ho solo ascoltata. Ma “ascoltare è il punto da cui parte la comunicazione” ci hanno detto al convegno che mi ha portato fino a Roma. Ecco, forse oggi l’azione più rivoluzionaria che possiamo fare è proprio questa: ascoltare, ascoltarci.

Franca