Intervista alla vice presidente di Azione per un Mondo Unito: "Mettiamo di nuovo in moto valori come l’etica, la libertà, la giustizia, la solidarietà"
Promossa dall’Università Cattolica del Sacro Cuore si è tenuta a Brescia dal 2 al 5 ottobre la seconda edizione del Festival internazionale dell’educazione. Nel programma di quest'anno c'è però un "dopo festival", il 16 e 17 ottobre: si tratta di un seminario di studio sulla cooperazione internazionale (QUI il programma), ispirato da mons. Vincenzo Zani, tra i Vescovi Amici del Movimento dei Focolari.
Saranno inoltre a Brescia per l'occasione il presidente e la vice presidente di AMU Azione Mondo Unito, Stefano Comazzi e Maria do Sameiro Freitas, insieme ad Antonia Testa, responsabile romana del Movimento dei Focolari e promotrice insieme a Pierluigi Sassi, presidente di Earth Day Italia onlus, del Villaggio per la Terra appuntamento annuale per  promuovere una cultura più consapevole e rispettosa del Pianeta.
FLest ha rivolto alcune domande alla vice presidente di AMU, Maria do Sameiro Freitas, per mettere a fuoco il tema del seminario e ragionare con lei sul presente e il futuro della cooperazione internazionale.
Era un tema molto caro a Papa Francesco. In fondo significa quello che lui amava ripetere: siamo tutti sulla stessa barca e dobbiamo remare insieme.
Il titolo mi richiama al tema dell’Interdipendenza che all’inizio di questo millennio era molto condiviso. Attualmente le politiche vanno in un'altra direzione e le istituzioni sono spesso impossibilitate ad agire da politiche populiste e prepotenti.
Mi viene da dire che l’unica possibilità è creare un patto di civiltà, come dice il titolo, ossia un patto in cui mettiamo di nuovo in moto valori come l’etica, la libertà, la giustizia, la solidarietà. Siamo tutti chiamati a farlo, cominciando da chi lavora nella cooperazione, nelle università, nelle scuole, nelle associazioni, nelle comunità. Avere il coraggio di parlare, di proporre, di agire, coinvolgendo altri che hanno le stesse esigenze di pace e solidarietà. Siamo nell’era delle reti sociali: usiamole anche per diffondere questi valori.
 
Azione per Mondo Unito è impegnata in tante parti del mondo. Rimandiamo i nostri lettori al sito dell’AMU per tutti i dettagli. Qui vorrei chiederti se puoi dirci qualcosa, in particolare, sugli impegni che avete in Medio Oriente e in Ucraina.
Negli ultimi tre anni sono stati raccolti circa 900.000 euro per l’Ucraina, che sono stati usati per accogliere gli sfollati nei Centri della Caritas-Spes Ucraina, con cui collaboriamo, e per aiuti alla popolazione soprattutto per alimenti, cure mediche e supporto psicologico. Le necessità sono tante. Naturalmente, quando viene lanciata una emergenza la risposta in genere è immediata, poi cade un po’ nella dimenticanza. Ora abbiamo ancora diversi progetti di assistenza medica e psicologica ma ci sarebbero tante richieste di aiuto a cui non siamo in grado di rispondere.
Il caos globale in cui il mondo è precipitato sembra avere chiuso molte delle strade che la cooperazione internazionale era riuscita a costruire. Verrebbe quasi da pensare che lo scenario di oggi rappresenti la sconfitta di un sogno troppo ambizioso. Qual è il tuo pensiero in proposito?
È vero che la cooperazione internazionale era riuscita ad aprire tante strade che oggi sembrano chiuse. E possiamo dire di più: oggi le organizzazioni che fanno cooperazione internazionale sono spesso sotto attacco. Basta vedere ciò che succede nel Mediterraneo o recentemente a Gaza: le stesse agenzie delle Nazioni Unite e suoi relatori pretestuosamente accusati di terrorismo!
Ma non direi che il sogno era troppo ambizioso, anzi! I tempi sono cambiati, l’ambiente non è più favorevole, ma la strada è sempre quella della cooperazione e della coscienza che siamo interdipendenti gli uni degli alti. Dobbiamo continuare a sognare e a lottare per un mondo migliore, dove vinca il diritto internazionale e non quello della forza. Non è un’opzione, è una necessità.
Papa Leone parla della globalizzazione dell’impotenza. Anche noi ci sentiamo impotenti ma questo non ci permette di incrociare le braccia, ci deve spingere ad agire con più saggezza e intelligenza.
 
Perché è tanto difficile promuovere azioni per il cambiamento, necessario alla realizzazione di una società realmente più giusta, più equa, più fraterna?
Il panorama mondiale è sotto gli occhi di tutti: non si rispetta più il diritto internazionale ma vige la legge del più forte. In una situazione così non è facile agire e spesso ci può invadere la paura, anche perché la stessa libertà di espressione viene messa in causa in democrazie consolidate e considerate fino a pochi anni fa inespugnabili. Diventa rischioso compiere azioni isolate, si rischia di venire schiacciati.
La soluzione sarebbe quella di partire dal basso, sollecitare le basi e mettersi in rete. L’onda di solidarietà verso la Palestina espressa in tutto il mondo in questi giorni è una prova che qualcosa si può fare, ma bisogna farlo insieme.
È vero che la cooperazione internazionale era riuscita ad aprire tante strade che oggi sembrano chiuse. E possiamo dire di più: oggi le organizzazioni che fanno cooperazione internazionale sono spesso sotto attacco. Basta vedere ciò che succede nel Mediterraneo o recentemente a Gaza: le stesse agenzie delle Nazioni Unite e suoi relatori pretestuosamente accusati di terrorismo!
Ma non direi che il sogno era troppo ambizioso, anzi! I tempi sono cambiati, l’ambiente non è più favorevole, ma la strada è sempre quella della cooperazione e della coscienza che siamo interdipendenti gli uni degli alti. Dobbiamo continuare a sognare e a lottare per un mondo migliore, dove vinca il diritto internazionale e non quello della forza. Non è un’opzione, è una necessità.
Papa Leone parla della globalizzazione dell’impotenza. Anche noi ci sentiamo impotenti ma questo non ci permette di incrociare le braccia, ci deve spingere ad agire con più saggezza e intelligenza.
Perché è tanto difficile promuovere azioni per il cambiamento, necessario alla realizzazione di una società realmente più giusta, più equa, più fraterna?
Il panorama mondiale è sotto gli occhi di tutti: non si rispetta più il diritto internazionale ma vige la legge del più forte. In una situazione così non è facile agire e spesso ci può invadere la paura, anche perché la stessa libertà di espressione viene messa in causa in democrazie consolidate e considerate fino a pochi anni fa inespugnabili. Diventa rischioso compiere azioni isolate, si rischia di venire schiacciati.
La soluzione sarebbe quella di partire dal basso, sollecitare le basi e mettersi in rete. L’onda di solidarietà verso la Palestina espressa in tutto il mondo in questi giorni è una prova che qualcosa si può fare, ma bisogna farlo insieme.
Il seminario che il 16 e 17 ottobre ti porterà a Brescia ha per titolo di studio “Cultura dell’incontro per un patto di civiltà”. Che riflessioni ti suggerisce questo tema?
Era un tema molto caro a Papa Francesco. In fondo significa quello che lui amava ripetere: siamo tutti sulla stessa barca e dobbiamo remare insieme.
Il titolo mi richiama al tema dell’Interdipendenza che all’inizio di questo millennio era molto condiviso. Attualmente le politiche vanno in un'altra direzione e le istituzioni sono spesso impossibilitate ad agire da politiche populiste e prepotenti.
Mi viene da dire che l’unica possibilità è creare un patto di civiltà, come dice il titolo, ossia un patto in cui mettiamo di nuovo in moto valori come l’etica, la libertà, la giustizia, la solidarietà. Siamo tutti chiamati a farlo, cominciando da chi lavora nella cooperazione, nelle università, nelle scuole, nelle associazioni, nelle comunità. Avere il coraggio di parlare, di proporre, di agire, coinvolgendo altri che hanno le stesse esigenze di pace e solidarietà. Siamo nell’era delle reti sociali: usiamole anche per diffondere questi valori.
Azione per Mondo Unito è impegnata in tante parti del mondo. Rimandiamo i nostri lettori al sito dell’AMU per tutti i dettagli. Qui vorrei chiederti se puoi dirci qualcosa, in particolare, sugli impegni che avete in Medio Oriente e in Ucraina.
Negli ultimi tre anni sono stati raccolti circa 900.000 euro per l’Ucraina, che sono stati usati per accogliere gli sfollati nei Centri della Caritas-Spes Ucraina, con cui collaboriamo, e per aiuti alla popolazione soprattutto per alimenti, cure mediche e supporto psicologico. Le necessità sono tante. Naturalmente, quando viene lanciata una emergenza la risposta in genere è immediata, poi cade un po’ nella dimenticanza. Ora abbiamo ancora diversi progetti di assistenza medica e psicologica ma ci sarebbero tante richieste di aiuto a cui non siamo in grado di rispondere.
Per il Medio Oriente, siamo attualmente impegnati in Siria e Libano, in precedenza anche in Giordania ed Egitto; recentemente in Turchia, dopo il terremoto di due anni fa e, naturalmente a Gaza dove collaboriamo con il Patriarcato di Gerusalemme per l’invio degli aiuti, dato che non possiamo portarli direttamente, e potete immaginare le necessità!
In Libano abbiamo alternato azioni di assistenza per varie emergenze (ultima quella dell’esplosione del porto di Beirut) con altre di sostegno ad attività generatrici di reddito e ricomposizione sociale.
In Siria siamo presenti da 14 anni e già da qualche anno stiamo passando dall’assistenza umanitaria (salute, educazione, famiglie ed anziani, ecc.) ad azioni per la ricostruzione del Paese con vari progetti che coinvolgono più di 300 operatori e sono presenti in varie città con oltre 27.400 beneficiari all’anno.
In Siria siamo presenti da 14 anni e già da qualche anno stiamo passando dall’assistenza umanitaria (salute, educazione, famiglie ed anziani, ecc.) ad azioni per la ricostruzione del Paese con vari progetti che coinvolgono più di 300 operatori e sono presenti in varie città con oltre 27.400 beneficiari all’anno.
Il nostro approccio è quello di creare sviluppo in un orizzonte di reciprocità generativa, e questo cerchiamo di farlo sempre, anche quando in apparenza non sia possibile. Nella formazione infatti e nell’accompagnamento con i protagonisti dei vari progetti, oltre agli aspetti tecnici si propongono e testimoniano i valori evangelici della reciprocità, che molti fanno propri e condividono con le loro comunità.
 
Quali sono le risorse ideali a cui ricorrere per non essere schiacciati dallo sconforto della disunità e dei conflitti che insanguinano il mondo.
Io cerco di puntare su quanto di positivo trovo e scopro nelle persone e nel mondo. A volte è difficile perché le notizie ci fanno vedere solo il male, la guerra, il conflitto. Ma poi nel quotidiano, o anche leggendo altre notizie in altri periodici, si vede che non è tutto così. C’è un mondo dove il bene, la solidarietà, l’aiuto reciproco sono molto vivi. La grande maggioranza sono questi, in fondo il “negativo” è in mano a poche persone. Questo mi da speranza e mi fa credere che possiamo farcela.
Nella Storia abbiamo vissuto momenti molto bui. Anche questo lo è. Ma spesso il rovesciamento delle situazioni è partito dal basso. Bisogna mettere insieme tutti gli sforzi e tutte le risorse, e farlo a tutti i livelli.
Quali sono le risorse ideali a cui ricorrere per non essere schiacciati dallo sconforto della disunità e dei conflitti che insanguinano il mondo.
Io cerco di puntare su quanto di positivo trovo e scopro nelle persone e nel mondo. A volte è difficile perché le notizie ci fanno vedere solo il male, la guerra, il conflitto. Ma poi nel quotidiano, o anche leggendo altre notizie in altri periodici, si vede che non è tutto così. C’è un mondo dove il bene, la solidarietà, l’aiuto reciproco sono molto vivi. La grande maggioranza sono questi, in fondo il “negativo” è in mano a poche persone. Questo mi da speranza e mi fa credere che possiamo farcela.
Nella Storia abbiamo vissuto momenti molto bui. Anche questo lo è. Ma spesso il rovesciamento delle situazioni è partito dal basso. Bisogna mettere insieme tutti gli sforzi e tutte le risorse, e farlo a tutti i livelli.
g.c.
Nella foto in alto Maria do Sameiro Freitas in Sierra Leone; qui sotto la vice presidente di AMU (terza da destra) in occasione di un viaggio in Vietnam
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