Cosa serve per diventare un bravo educatore? È il tema inaugurale della settima edizione del Festival delle relazioni


Con un articolo a tutta pagina L'Eco di Bergamo, quotidiano della città orobica, ha presentato nei giorni scorsi la nuova edizione del Festival delle relazioni. Riprendiamo qui di seguito il testo a firma di Giulio Brotti


Insegnare bene? La sfida è crederci

In un suo scritto del 1937 – soffiava già un vento gelido sull’Europa: l’anno dopo, l’Austria sarebbe stata annessa al Terzo Reich - Sigmund Freud elencava in tono ironico ma non allegro «tre professioni “impossibili”», il cui esito insoddisfacente sarebbe «già scontato in anticipo»: tra queste, insieme alla stessa pratica della psicoanalisi e all’attività dei governanti, egli includeva l’Erziehen (ovvero, il mestiere dell’insegnante/educatore). È significativo però che nel testo freudiano il termine «impossibili» fosse posto tra virgolette: a significare - si direbbe - non un impegno inutile, ma un lavoro comunque indispensabile, benché nel suo andamento dipenda pure da fattori imprevedibili.

 

Un bravo insegnante fa la differenza

Si intitola «Perché insegno? Perché ci credo. Un bravo insegnante fa la differenza» (Edizioni Città Nuova, pagine 194, euro 16,90, disponibile anche in formato digitale a 11,99) un volume collettivo curato da Michele De Beni e Claudio Girelli.

Mercoledì 19 febbraio alle 20.30 presso il cineteatro dell’oratorio di Fiorano al Serio De Beni, pedagogista e psicoterapeuta, docente dell’istituto Universitario Sophia di Loppiano-Firenze, prenderà parte a un incontro aperto al pubblico sul tema «Perché insegno? Perché educo? Non lasciamoci sfuggire la speranza»; dialogherà con lui Ivo Lizzola, già ordinario di Pedagogia sociale all’Università di Bergamo; coordinerà i loro interventi l’insegnante Antonella Luisi.
 

 

Mai lasciarsi sopraffare dalle delusioni

Con questa conversazione – che si potrà anche seguire online all’indirizzo diretta.flest.it – inizierà l’edizione 2025 del Festival delle relazioni, che avrà come titolo generale «Passi di speranza - Dialoghi con il mondo in cerca di risposte».
La rassegna è promossa dal Movimento dei Focolari in collaborazione con il Gruppo editoriale Città Nuova: «Il focus di questa settima edizione – spiegano gli organizzatori - vuole essere in sintonia con il motto del Giubileo, “Pellegrini di speranza”. Vorremmo appunto aiutarci vicendevolmente a muovere dei passi in avanti, come pellegrini che non possono lasciarsi sopraffare dalle delusioni o cedere alla tentazione del pessimismo, del disincanto, dell’indifferenza».


L’incontro di mercoledì prossimo è rivolto in particolare ai genitori, ai docenti e a chi lavora nelle diverse agenzie educative del territorio.

 

Siamo tutti educatori

Nella sua introduzione a «Perché insegno? Perché ci credo» Michele De Beni sottolinea come oggigiorno, in una fase storica caratterizzata da una profonda crisi di valori e criteri di riferimento, i giovani abbiano urgentemente bisogno di una «testimonianza credibile» da parte degli adulti: «Tutti, in questo senso, siamo educatori, come genitori, insegnanti, lavoratori, politici, economisti o imprenditori. In questo ampio contesto una questione molto dibattuta riguarda il ruolo che oggi la scuola dovrebbe svolgere e, soprattutto, le caratteristiche e le competenze che fanno di un insegnante un “bravo” insegnante. Domande a cui occorrerebbe porre più attenzione, consapevoli che l’essere insegnante non dipende solo dal sapere o dal saper fare, pur necessari e importanti, ma anche dal valere, dall’essere riconosciuto e accettato agli occhi del giovane come mediatore credibile tra le insicurezze e le verità che cerca».
 

Se si insegna ai ragazzi a essere “bravi”,
possono anche imparare a essere “grandi”

In «Perché insegno? Perché ci credo» sono raccolti i contributi di docenti italiani risultati tra i finalisti di prestigiosi premi internazionali, il Global Teacher Prize (dal 2015 al 2023) e il Global Teacher Award (nelle edizioni del 2021 e del 2022). Da questi racconti di buone pratiche scolastiche si può trarre una
conclusione tanto semplice quanto importante: «Negli ambienti dove si sperimenta un nuovo senso di sé e di reciproca appartenenza - scrive ancora Michele De Beni -, di alta motivazione all’impegno e alla responsabilità, e si punta alla formazione dell’eccellenza morale, gli studenti raggiungono anche straordinari gradi di successo scolastico. […] Se si insegna ai ragazzi a essere “bravi”, essi possono anche imparare a essere “grandi”, nel senso ampio e più autentico del termine, eccellenti nello studio, cittadini partecipi e onesti. Un’alta finalità educativa che potremmo sinteticamente racchiudere nella frase: “Pensare bene per fare il bene”».

 

Altri incontri il 26 febbraio e il 2 marzo

Anche i successivi incontri del Festival delle relazioni avranno inizio alle 20.30: alla conversazione di mercoledì 26 febbraio («Francesco, profeta di speranza. Sguardi in dialogo tra persone di diverse fedi») prenderanno parte, presso l’Abbazia di San Paolo d’Argon, l’esperto di dialogo interreligioso Roberto Catalano, l’imam Kamel Layachi e l’indologa Shilpa Bertuletti (modererà Elena Sarzilla, coordinatrice dell’«area narrazione» del progetto Fileo); mercoledì 12 marzo – a Bergamo, al Cineteatro Qoelet di Redona – gli psicologi Ezio Aceti e Stefania Cagliani dialogheranno sul tema «C’è un futuro per noi due? Relazioni d’amore tra sfide e speranza» (modereranno Alessandra e Paolo Zanzucchi).