Dalla platea al palco, non per esibirsi ma per assumere responsabilità



Un amico che non c'era mi ha chiesto qual è la parola chiave dell'incontro che sabato scorso ha chiuso il ciclo di proposte del Movimento dei Focolare per Bergamo Brescia Capitale della cultura 2023. Una sola non basta, ma la prima è sicuramente fiducia.

Fiducia in chi incrocia la nostra vita, fiducia nel tempo che siamo chiamati a vivere, fiducia nel futuro che comincia già oggi, fiducia verso chi ci delude, fiducia in noi stessi, fiducia nel genere umano. 
E poi speranza, qualcosa di concreto, tangibile, verificabile. E infine, gioia

Avendo in mente il Rapporto Censis diffuso due giorni prima, con una lettura abbastanza sconfortante dei comportamenti collettivi (tutto è emergenza, dunque, alla fine, nulla lo è veramente; e nulla smuove i cittadini che sono "sonnambuli", sprofondati in un sonno che li rende "ciechi davanti ai presagi") la mattinata trascorsa nella grande Sala Oggioni del Centro Congressi Giovanni XXIII è stata una salutare boccata d'ossigeno: ci sono giovani belli svegli che mettono in rete in ogni momento una carica positiva.


Wannabe (voler essere)

Sognatori? Non nel senso riduttivo che spesso accompagna il termine. L'Eco di Bergamo, quotidiano che ha accompagnato con generosa e puntuale attenzione l'itinerario proposto dal Movimento dei Focolari, ne ha dato conto con partecipe stupore.

Joseph arriva dalla Sierra Leone, ha 30 anni e ha raccontato la sua storia di soldato bambino dal giorno in cui, all’età di appena 6 anni, fu rapito dalla sua abitazione e costretto a combattere tra i ribelli dell’esercito nella guerra civile nata per il controllo delle miniere di diamanti. Oggi studia a Firenze e lavora in una onlus nel settore dell’educazione alla cittadinanza globale. «In futuro – ha detto – vorrei tornare in patria e lavorare con il mio popolo per formare i ragazzi e insegnare loro a vivere in un mondo più unito».
Elena ha 28 anni, è originaria della Val Seriana: attualmente è impegnata nell’Ufficio per la Pastorale dei Migranti e nell’Ufficio per il Dialogo Interreligioso della Diocesi di Bergamo. E’ coinvolta anche nel progetto Fileo - Centro Studi e Formazione in cui coordina un’area sui temi dell’intercultura e del dialogo. «Incontro territori-scuole-oratori-associazioni e anche le comunità cattoliche di altra madrelingua o le comunità di altra fede. Il dialogo è uno strumento prezioso per conoscersi e per creare legami di stima, rispetto e fiducia e anche di crescita. Nel confronto con l’altro spesso scopriamo aspetti di noi stessi a cui non avevamo mai pensato. Da questo percorso ho imparato che in ognuno c’è un germe di verità».
Anna fa parte del Sermig e ha raccontato l’esperienza dell’associazione nel volontariato a favore del popolo ucraino. All’ex palaghiaccio di Zanica i ragazzi del Sermig hanno raccolto oltre 100 tonnellate di materiale umanitario che hanno inviato nelle zone di guerra. «Alla base di ogni nostra attività – ha detto – c’è sempre l’obiettivo di coinvolgere altri giovani e di condividere con loro tutta la bellezza che viviamo».
E ancora: Luca ha raccontato il suo impegno nel servizio offerto dalle Acli a chi vive in città e ha bisogno di un’assistenza nella ricerca del lavoro, mentre Pietro ha condiviso la sua esperienza in Perù con l’associazione Mato Grosso, dove ha partecipato a una missione in una baraccopoli nella foresta amazzonica. «Abbiamo vissuto in una casa di accoglienza per minori con situazioni difficili – ha detto –. È stata un’esperienza che ha cambiato la prospettiva con la quale guardo me stesso e gli altri. Stare vicino a quei ragazzi mi ha reso felice». Molto toccante è stata anche la storia di Maria Josè, una ragazza venezuelana di Maracaibo, testimone di un’esperienza di perdono nei confronti dei due malviventi che, nel 2015, hanno aggredito e ferito lei e gli altri componenti della sua famiglia durante un tentativo di rapina.



Dall'alta finanza all'alta speranza

Prima di loro era stato Luca Streri a spiegare che la rivoluzione si può fare anche solo guardando il mondo nella "prospettiva del mezzopieno". La sua è una storia che non lascia indifferenti. Ha studiato economia e a vent'anni si è trovato a lavorare per una grande banca svizzera, operando in Borsa e nell’alta finanza internazionale, gestendo grandi patrimoni e fondi di investimento. "Avevo più soldi di quelli che riuscivo a spendere, e più ne facevo più cresceva in me l'insoddisfazione". A trent'anni molla tutto, e sceglie di vivere con i poveri e per i poveri, in India. Alimenta l'esperienza del microcredito e dell'organizzazione comunitaria dei villaggi. In Italia dà vita al Movimento Mezzopieno, per un pensiero sempre positivo, mai conflittuale, per rieducare lo sguardo con cui guardiamo alla vita.



Fame di futuro

E poi Paola Pepe, che per due decenni ha vissuto e lavorato nel Focolare per le comunità di Bergamo e di Brescia, oggi co-responsabile del centro giovanile internazionale del Movimento. Citando una canzone dei Pinguini Tattici Nucleari ha testimoniato la fame di futuro dei giovani: «I “giovani wannabe”  - contrazione di want to be, "voler essere" - sono giovani che vogliono diventare ciò che desiderano essere».




Il viaggio e la nostalgia di casa

Per ultimo ad essere chiamato sul palco è stato il vescovo di Bergamo, bresciano di origine, mons. Francesco Beschi. Meglio di come ne ha riferito l'Eco non saprei fare, per cui riprendo la cronaca del quotidiano.

«Guardiamoci in faccia e ascoltiamoci senza avere paura di fidarci gli uni degli altri. E soprattutto rompiamo gli indugi e proviamo a riprendere in mano la nostra vita, perché il mondo è pieno anche di cose belle e il futuro dipende solo da noi. Ai giovani dico: guardate agli adulti e agli anziani con un senso di fiducia, e a noi adulti chiedo di attribuire la stessa fiducia ai ragazzi, anche se qualche volta ci turbano e ci deludono. Non lasciamo che la delusione reciproca diventi il criterio per misurare le nostre relazioni».

Sollecitato da Annachiara Fenaroli e Filippo Baronchelli - i due ragazzi che hanno condotto la mattinata - sul perché tanti giovani si allontanano dalla strada della Chiesa, il vescovo ha risposto: «A volte sembra che la fede diventi irrilevante per i giovani, ma senza fede non si può vivere. [...] Tanti giovani se ne vanno perché ognuno di noi, nella vita, deve fare un viaggio. L’importante è che abbiano nel cuore il ricordo di una casa, [...] una bella esperienza in quella casa che è la Chiesa. Se una persona ha una casa, può andare anche lontano, ma se non ce l’ha si perde anche restando fermo. Durante il viaggio c’è un momento in cui nasce il desiderio di tornare in quella casa e io ho incontrato tanti ragazzi che mi hanno espresso la loro gratitudine per quello che hanno vissuto all’interno della Chiesa». 



Un Ideale che illumina la città

Facendo eco al tema generale di Bergamo Brescia Capitale della cultura 2023, "La città illuminata", le proposte messe in campo dal Movimento dei Focolari erano intitolate "Un Ideale che illumina la città".

«Chiara aveva un ideale, quello di portare luce all’umanità e non potevamo non dare il nostro contributo. – ha detto Franca Capponi che ha fatto parte del gruppo che ha organizzato i diversi appuntamenti – È stato bello costruire rapporti anche con altri movimenti, con persone credenti, non credenti o di altre religioni, e con personalità del mondo della cultura e della politica». 



Una consegna, per tutti

Vale la pena rifarsi ancora alle parole di mons. Beschi per una conclusione che suona come una consegna, per tutti: «Abbandonate il condizionale, che tende a rimandare le cose e a far vedere soprattutto gli ostacoli e siate più protagonisti. Passate dalla platea al palco, non tanto per esibirvi, ma per assumere quella responsabilità di cui siete capaci».

g.c.