Piero Platto, partecipazione come amore per la città. Brescia gli ha intitolato il Centro Civico del suo quartiere



Questa mattina a Brescia e’ stato intitolato a Pietro Platto il “Centro civico” del Quartiere San Bartolomeo. La cerimonia è avvenuta alla presenza di tanti cittadini, del Sindaco Emilio Del Bono, di diversi assessori della Giunta municipale, consiglieri comunali della città, componenti dell’Assemblea e del Consiglio di quartiere.


I perché di un gesto importante

Piero è stato un amico speciale del Movimento dei Focolari, morto a causa del Covid il 26 marzo del 2020. Come abbiamo già avuto modio di scrivere in queste pagine, Piero è scomparso all’età di 73 anni, un tempo che ha “vissuto con curiosità e partecipazione per le cose degli uomini e del mondo".

Era stato un dirigente dell’Amministrazione comunale e aveva lavorato prima ai Servizi Sociali, poi al Servizio Gioventù e infine al Settore Decentramento, allora un semplice servizio per portare in periferia sportelli dei servizi centralizzati. Piero teorizzò la rivoluzione del Decentramento, battendosi per una organizzazione del territorio basata sulla partecipazione dei cittadini, sulla costruzione della democrazia dal basso.

Oggi, Brescia - anche grazie alle intuizioni di Piero - è composta da 33 Quartieri, luoghi di socialità che consentono una partecipazione capillare e diffusa.

E da stamattina sulla porta d’ingresso di quello di San Bartolomeo c’è scritto : Centro Civico “Pietro Platto”.

Dopo gli interventi del Presidente del Consiglio di Quartiere, di un dirigente comunale e di una stretta collaboratrice di Piero negli anni della progettualità dedicata alla partecipazione, è intervenuto il Sindaco di Brescia. Un discorso quello del primo cittadino che proponiamo qui quasi integralmente per i diversi spunti di analisi e di riflessione che contiene, e per la gratitudine pubblica che viene resa a Piero Platto nel riconoscimento del suo stimolante e prezioso contributo alla vita della sua città e del suo quartiere.




Non c'è qualcuno più responsabile di un altro.
Tutti siamo responsabili.
Tutti siamo chiamati, ciascuno per ciò che può

Emilio Del Bono, sindaco di Brescia


Siamo davanti ad uno dei luoghi di partecipazione [per i quali Piero Platto si è battuto e si è speso, da dirigente comunale prima, da cittadino poi]: il decentramento può essere un semplice fatto burocratico e persino non interessarsi della dimensione comunitaria; la partecipazione invece passa attraverso la corretta dimensione dei luoghi [della città e di chi li vive].Brescia è fatta di quartieri, non è solo fatta di aree geografiche com’erano le [vecchie] Circoscrizioni.

La fine delle circoscrizioni è presto detta: erano diventati degli organi burocratici, erogatori di servizi; erano semplice decentramento amministrativo.

Ma per Platto [alla vita partecipata del territorio] non bastava il decentramento di un servizio.

Questo per me è il tema fondamentale, che rimane il tema centrale, un tema locale ma anche nazionale, perché quando tu costruisci una piramide dove c'è solo il vertice e non c'è la base, piano piano quella piramide è destinata a non reggere più, perché non ha le fondamenta.

E’ un impegno straordinario [quello della partecipazione], perché vuol dire che responsabilizzi i singoli e cioè che tutti sono responsabili. Non è che c'è qualcuno più responsabile di un altro; tutti siamo responsabili, tutti siamo chiamati, ciascuno per ciò che può, con la testa, il tempo, la voglia, gli impegni… però tutti abbiamo il dovere di dare un piccolo contributo al miglioramento della qualità della vita.




Piero era severo, ti inchiodava al merito delle cose

La seconda cosa che voglio dire velocemente è questa: Pietro era severo, era impegnativo. Quando ti confrontavi con lui ti inchiodava al merito delle cose, con un rigore che gli veniva anche dalla cultura professionale - il rigore amministrativo - che era far calare nella realtà le cose, perché altrimenti l'affermazione di principio che vola in alto ma che poi non trova una declinazione nella realtà rischia di essere vacua, vuota.
A Piero non sfuggiva che le cose “alte” dovevano scendere nel quotidiano, che bisognava articolare l'istituzione, darle gli strumenti, darle l’operatività, individuare le responsabilità, perchè altrimenti le cose non funzionano e credo che anche questo sia importante dirlo.

E’ anche fatica la democrazia. Certamente è gioia, azione e passione, ma bisogna metterci anche un po’ di fatica, perché per far funzionare le cose occorre anche metterci l'impegno quotidiano e anche un certo rigore, che è una scelta etica, perché vuol dire essere moralmente impegnati a fare in modo che le cose funzionino per gli altri; non è semplice, non è facile, ma questo cammino poi paga nel medio e lungo termine; paga, perché nel metodo e nel contenuto fa la differenza.

Quindi oggi dedicare a Piero questo spazio è una cosa, come è stato giustamente detto, “naturale”, perché lui ci ha speso la vita su questi concetti, su questo impegno, su questa modalità di stare insieme. È stato per lui un modo di vivere la dimensione della fratellanza: poi uno la declina come vuole, ma la cultura morale di una comunità ci deve essere. A prescindere anche da una scelta di fede che ciascuno di noi fa, però una cultura morale ci deve essere e deve riempirsi di contenuti in una comunità.

Se Brescia non ha vissuto le banlieue parigine, se non ha conosciuto l'anonimato dei quartieri senza volto e senza idee, se non ha conosciuto la deriva e il degrado delle periferie, lo si deve a questi modelli, cioè l'idea testarda che ogni luogo è una comunità, che ogni luogo deve essere riconoscibile, che ogni luogo deve essere umanamente vivibile e quindi non ci devono essere luoghi anonimi.



La testimonianza vince il disinteresse

Non è, lo ripeto, una passeggiata su prati fioriti, vuol dire costruire le condizioni. Con il disincanto e il disinteresse bisogna fare i conti, anche con un certo cinismo.

Come si vincono? Si vincono con la testimonianza, perché uno vede, perché anche i più distratti non possono restarlo a lungo davanti ad una testimonianza autentica: “Però! Guarda quello lì dà una mano, quella persona fa la differenza”. E in qualche maniera comunicheranno quei concetti base ai propri figli In qualche maniera queste persone danno tutto, seminano perché qualcuno possa raccogliere.

Non si raccoglie tutto subito. C’è la stagione della semina e ci sarà la stagione in cui si raccoglie. Non deve spaventare il fatto che la stagione della semina e del raccolto non coincidano: magari raccoglierà qualcun altro, ma va bene lo stesso. Vuol dire non essere egoisti, vuol dire essere generosi, avere una proiezione generosa sul futuro e generosa verso gli altri.

Secondo me Piero è contentissimo di oggi, vede sposate le sue idee. Il “Punto di comunità” e “Consigli di Quartiere”, che sono due basamenti che abbiamo voluto fortemente, hanno quelle caratteristiche: non sono puro decentramento, sono il luogo di partecipazione, di passione, di conflittualità sana, sono luoghi di amore e non di odio perché non si semina per demolire ma si semina per costruire.

Quindi, grazie a Piero!



Nelle foto (pubblicate dal sito del Comune di Brescia) alcuni momenti della mattinata. Qui sotto Silvana Peli, moglie di Piero, che ha chiuso gli interventi ringraziando autorità, amici e concittadini per la testimonianza di affetto verso il marito e la riconoscenza pubblica al suo lavoro appassionato. L'ultima immagine è quella di Piero scelta dal Comitato di Quartiere per essere posta all'interno del Centro Civico. .