Anche in questo mese, se pur siamo oltre la metà di luglio, ci raggiunge L’idea del mese: una proposta di “parola” che si potrebbe tradurre in vita, allo scopo di attuare un’esperienza di cammino comune tra persone di buona volontà, al di là di ogni credo religioso o laico, verso la fratellanza universale.
Scriveva Chiara Lubich nell’ottobre 2006: “Durante tutta la nostra vita siamo invitati a dare. Dare ai poveri, a chi ti chiede, a chi ha bisogno di un prestito. Dare da mangiare all’affamato, dare dei vestiti a chi ha freddo. Dare gratuitamente… All’istinto egoista di accumulare si oppone la generosità; all’interesse per le proprie necessità, la cura dell’altro; alla cultura del possedere, quella del dare…
Ecco il testo della riflessione
Racconta Vergence, una giovane del Congo: “Andando a scuola avevo fame. Strada facendo incontrai mio zio, il quale mi diede dei soldi per comperare un panino; ma poco dopo vidi un uomo molto povero. Pensai subito di dargli quel denaro. La mia amica, con cui camminavo, mi disse di non farlo, di pensare a me. Ma mi dissi: io potrò trovare dopo qualcosa da mangiare, ma lui? Gli diedi i soldi del panino e provai gioia nel cuore”.
La gratuità apre alla condivisione
La logica nuova è sempre quella di ricevere per condividere, mai accumulare per sé stessi. É un invito a tutti a riconoscere ciò che abbiamo ricevuto: energie, talenti, capacità, beni materiali e metterli al servizio degli altri.
Secondo l’economista Luigino Bruni, “La gratuità è una dimensione che può accompagnare qualunque azione. Ma essa non è ciò che intendiamo per “gratis”, ma tutto il contrario, poiché la gratuità non è un prezzo paragonabile a zero, ma un prezzo infinito, a cui si può solo rispondere con un altro atto di gratuità”.
La gratuità supera la logica del mercato, del consumismo e dell’individualismo e ci apre alla condivisione, alla socialità e alla fraternità, alla cultura del dare. L’esperienza conferma che l’amore disinteressato è una vera provocazione di conseguenze positive ed inattese, che dilagano su tutta la società.
É ciò che è successo nelle Filippine con un’iniziativa nata nel 1983. In quel momento la situazione politica e sociale del Paese era molto difficile e tanti cercavano una soluzione positiva. Fra loro, un gruppo di giovani che decise di contribuire in un modo originale: tolsero dai loro armadi tutto ciò di cui non avevano bisogno. Vendettero i vestiti e con il ricavato diedero inizio ad un’azione sociale dal nome Bukas Palad, che nella lingua locale significa “A mani aperte”. Dare gratuitamente, è stato da allora il motore di questa attività. Poi si sono aggiunti alcuni medici che hanno offerto il loro contributo professionale in modo disinteressato, e tanti altri che hanno saputo aprire il cuore, le braccia e le porte. Così è nata e continua a svilupparsi tuttora una grande azione sociale in favore dei più poveri che è viva in alcune città delle Filippine. Il risultato più importante è che sono riusciti a rendere protagonisti di questo sviluppo gli stessi destinatari del progetto.