Una torta a mezzanotte! La festa del Focolare di Kinshasa per Angelo ed Eugenio. E poi l'incontro con la quotidianità congolese

Sono arrivati. Angelo Bricca ed Eugenio Ferri, i due focolarini della nostra Zonetta che hanno scelto di usare le loro vacanze per un viaggio africano, sono a Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo. Riposeranno per un giorno o due e poi si metteranno in strada per altri 500 chilometri e raggiungere Kikwit (dove l'Opera è impegnata con l'Associazione SFERA nel progetto della Maison de Paix) dove staranno per tre settimane.


"Abbiamo trovato il calore della famiglia a seimila chilometri da casa. - scrive Angelo via whatsapp - Alla messa nella cappella del Focolare, celebrata da un missionario degli Oblati di Maria Immacolata, c'era anche il focolarino sposato che ci ospiterà a Kikwit e che è il responsabile della Comunità locale del Movimento dei Focolari".




Eugenio ci ha inviato una mail con le impressioni delle prime ore e della prima giornata africana di questo viaggio.


Tutto dipende dalle relazioni che sappiamo costruire

Angelo e io siamo arrivati a Kinshasa e subito inseriti nella vita di milioni di persone, diversissime tra loro, accomunate da un processo comune della storia. I nostri bagagli, come quelli di tanti altri, non sono arrivati a destinazione. La lunga fila per fare la denuncia di smarrimento è l’occasione per scambiare qualche parola con chi ci sta vicino: c’è una signora congolese che studia a Mosca; una donna canadese (che conosce l’italiano!) che viene con i figli a trovare il marito. Fuori ci stanno aspettando già da un'ora ma non so come avvisarli che siamo bloccati per il problema dei bagagli! La signora congolese capisce la nostra preoccupazione: coinvolge un’amica e e mi fa telefonare col il suo telefonino.

In fila per i bagagli (che non ci sono!)

Quando arriviamo alla sportello per lasciare i dati con i quali speriamo di recuperare le valige, un giovane addetto deve compilare un formulario; lo fa con precisione e inevitabile lentezza: chiede il colore delle valige, se sono in plastica o tela, ha bisogno dell’indirizzo dove far arrivare i bagagli, un numero di telefono e lo chiede sempre due volte per essere certo di avere ben capito le nostre risposte. Ammassati fra un’umanità sbuffante e variopinta che risente dell’innalzamento della temperatura, penso a quella efficienza che è caratteristica fondamentale per il Nord del mondo, che ci fa però dimenticare che tutto è Provvidenza, che tutto è relativo, relativo ai rapporti.

La sorpresa di mezzanotte

Quando finalmente usciamo dall’aeroporto troviamo ad attenderci con gioia alcuni focolarini. Sono venuti a prenderci con un’auto che hanno chiesto in prestito: la loro è incidentata! Arriviamo a mezzanotte a casa: c’è una torta fatta apposta per noi, per fare festa.

Gli attrezzi spediti da Nino

Il mattino dopo il primo a bussare alla porta è un amico di Nino – uno dei volontari di SFERA che è venuto più volte in Congo a lavorare per il progetto della Maison de Paix – che attraverso di noi gli ha mandato degli attrezzi di lavoro: ha faticato a trovarci e mi accorgo di avergli fatto avere un indirizzo non proprio preciso. Eppure ci ha trovato, ha cercato, ha rischiato tempo, ha usato l’intuito.

Un fiume di umanità

Con Angelo andiamo poi a fare un giro in città: il caos sembra aumentato dall’ultima volta che sono stato qui, a febbraio, l’inquinamento anche. Attraversiamo un fiume agitato di persone e auto; ci chiamano “Mundele! Mundele!", che sarebbe come a dire “Ehi, bianchi!” E noi ci si gira a salutare e si scopre un sorriso. A un certo punto c'è un piccolo muretto da superare, mi fa male un ginocchio, un signore se ne accorge subito e mi da la mano, e così fa con Angelo: un sorriso, un saluto veloce e si immerge di nuovo in questo lago fluttuante di grida, di odori, di storie.

Verdure, mattoni e cancelli

C’è chi arriva dalla campagna e magari si è fatto 50 chilometri per venire a vendere un po' di verdura, delle galline, qualche uova, due pomodori. Sul marciapiede fanno i mattoni di cemento: un signore ci chiede se ne compriamo! Accanto c’è un fabbro senza bottega che con maestria fa un cancello.
Visitiamo la chiesa parrocchiale dove operai senza argani o gru hanno messo il tetto alla nuova costruzione.

Tornati in Focolare abbiamo riletto uno discorso di Chiara Lubich fatto a Nairobi nel 1992

Qui in Africa viene in particolare rilievo [la necessità di] saper perdere […] ogni attaccamento […]. E' lo stato in cui dobbiamo trovarci quando incontriamo un fratello, specie le prime volte. Noi dobbiamo essere di fronte a lui il "nulla".[…] Ma, se è così, occorre lasciare a lui l'iniziativa, […] è necessario, vivendo il nulla di noi, mettersi subito in posizione d'ascolto, d'apertura, per accoglierlo in noi. […] E' un "farsi uno", questo, che non è solo dar da mangiare a chi ha fame (anche questo ci vuole e deve, se è il caso, precedere il resto), ma è dare sé stessi, morire per gli altri ad ogni incontro: non dare qualcosa per amore, ma "essere l'amore".

E ci sembra di intuire un poco della sua profondità.

Eugenio Ferri