Giorni di esami e di scelte importanti per tantissimi giovani. Da mesi nelle famiglie con adolescenti in età di passaggio dalla scuola dell'obbligo alle superiori si discute di scelte: spesso i giovani lamentano il fiato sul collo dei genitori; spesso i genitori non sanno proprio cosa fare di fronte a prospettive di studio che vedono stonate. Insomma, un bel problema .
Nel suo ultimo numero Città Nuova mette a confronto queste differenti visioni, ed ha chiamato a scriverne un giovane ed una mamma. A dare voce al desiderio di autonomia dei ragazzi ci pensa Mattia Brusinelli mentre Sara Paioletti argomenta quella dei genitori.
LIBERI ANCHE DI SBAGLIARE
Scegliere vuol dire prendere una decisione di fronte a un bivio e capire la strada giusta da imboccare. La scelta è un confine importante nella vita, poiché segna la fine dell’infanzia e l’inizio dell’età adulta. Si può dire che un ragazzo “diventa grande” nel momento in cui inizia a fare scelte importanti.
Ma quali scelte devono fare i giovani? Probabilmente la prima è quella della scuola superiore. Il problema sta nel cogliere quali sono le proprie passioni e talenti, poi capire quale scuola sia più adatta. Da qui nasce il confronto con i genitori che a volte, purtroppo, può trasformarsi in scontro. Ciò accade quando essi si sono già immaginati la vita e il futuro del proprio figlio senza tener conto dei suoi interessi.
Nessun altro, nemmeno i genitori, deve prendere una decisione di tale importanza. Un altro discorso è parlarne: credo sia giusto che un genitore ascolti e capisca le ragioni del figlio, e cerchi di dargli dei consigli che, data la maggiore esperienza, possono essere molto utili. Ma non è ammissibile che prenda la decisione al posto del figlio.
Credo che la libertà di scelta di ogni individuo sia fondamentale e di conseguenza anche i giovani devono poter fare le loro scelte liberamente, imparando a sbattere la testa, perché è dagli errori che si impara.
Mattia Brusinelli
UN BANCO DI PROVA IMPEGNATIVO
La scelta del liceo è una delle prime decisioni importanti di un figlio e uno dei primi banchi di prova per i genitori che, se le scelte del figlio non corrispondono alle loro aspettative, si trovano a dover decidere se sostenere o meno le scelte del ragazzo.
Quando è arrivato il momento per mia figlia maggiore, con mio marito ci siamo trovati proprio di fronte a questo bivio. Nonostante i professori ci consigliassero di iscrivere Diletta a un liceo, classico o scientifico, lei era convinta di fare l’istituto tecnico agrario. Tutto bello, ma la scuola scelta è un istituto di periferia: per arrivarci ci vuole un’ora e mezza, lo stesso per tornare (sveglia alle 5.30 di mattina, rientro a casa, quando non fa la lunga, non prima delle 15.30). E senza il sostegno di un solo compagno di classe perché era l’unica che sarebbe andata lì.
Di fronte alla sua irremovibile convinzione ci siamo arresi e l’abbiamo sostenuta, ma non c’è stato un giorno, almeno fino ad oggi che ha quasi finito il terzo liceo, che io non mi sia pentita di averlo fatto. Uscire la mattina con buio e freddo, da sola, per affrontare un viaggio che non è mai lo stesso perché ogni giorno ci sono problemi con i mezzi, senza nessuno con cui studiare perché tutti abitano lontano da casa nostra, immersa in una realtà nella quale la maggior parte dei ragazzi è classificata come “caso difficile” e la maggior parte dei professori è “piazzata” lì senza la minima motivazione, il fatto che funzioni poco o niente, tutto questo col passare del tempo l’ha abbrutita e demotivata.
Di certo, mio marito ed io cerchiamo di stimolarla, ricordandole quanto forte fosse la sua motivazione. Le consigliamo di guardare solo all'obiettivo e lavorare sodo per quello.
Ma è difficile, per lei e per noi. Il pensiero di come sarebbe stato se avesse scelto un’altra scuola è costante. La sensazione è quella di aver permesso che, nei cinque anni forse più importanti della sua adolescenza, lei si “buttasse via” e questo, per un genitore, è frustrante.
Sara Paioletti
Nel suo ultimo numero Città Nuova mette a confronto queste differenti visioni, ed ha chiamato a scriverne un giovane ed una mamma. A dare voce al desiderio di autonomia dei ragazzi ci pensa Mattia Brusinelli mentre Sara Paioletti argomenta quella dei genitori.
LIBERI ANCHE DI SBAGLIARE
Scegliere vuol dire prendere una decisione di fronte a un bivio e capire la strada giusta da imboccare. La scelta è un confine importante nella vita, poiché segna la fine dell’infanzia e l’inizio dell’età adulta. Si può dire che un ragazzo “diventa grande” nel momento in cui inizia a fare scelte importanti.
Ma quali scelte devono fare i giovani? Probabilmente la prima è quella della scuola superiore. Il problema sta nel cogliere quali sono le proprie passioni e talenti, poi capire quale scuola sia più adatta. Da qui nasce il confronto con i genitori che a volte, purtroppo, può trasformarsi in scontro. Ciò accade quando essi si sono già immaginati la vita e il futuro del proprio figlio senza tener conto dei suoi interessi.
Nessun altro, nemmeno i genitori, deve prendere una decisione di tale importanza. Un altro discorso è parlarne: credo sia giusto che un genitore ascolti e capisca le ragioni del figlio, e cerchi di dargli dei consigli che, data la maggiore esperienza, possono essere molto utili. Ma non è ammissibile che prenda la decisione al posto del figlio.
Credo che la libertà di scelta di ogni individuo sia fondamentale e di conseguenza anche i giovani devono poter fare le loro scelte liberamente, imparando a sbattere la testa, perché è dagli errori che si impara.
Mattia Brusinelli
UN BANCO DI PROVA IMPEGNATIVO
La scelta del liceo è una delle prime decisioni importanti di un figlio e uno dei primi banchi di prova per i genitori che, se le scelte del figlio non corrispondono alle loro aspettative, si trovano a dover decidere se sostenere o meno le scelte del ragazzo.
Quando è arrivato il momento per mia figlia maggiore, con mio marito ci siamo trovati proprio di fronte a questo bivio. Nonostante i professori ci consigliassero di iscrivere Diletta a un liceo, classico o scientifico, lei era convinta di fare l’istituto tecnico agrario. Tutto bello, ma la scuola scelta è un istituto di periferia: per arrivarci ci vuole un’ora e mezza, lo stesso per tornare (sveglia alle 5.30 di mattina, rientro a casa, quando non fa la lunga, non prima delle 15.30). E senza il sostegno di un solo compagno di classe perché era l’unica che sarebbe andata lì.
Di fronte alla sua irremovibile convinzione ci siamo arresi e l’abbiamo sostenuta, ma non c’è stato un giorno, almeno fino ad oggi che ha quasi finito il terzo liceo, che io non mi sia pentita di averlo fatto. Uscire la mattina con buio e freddo, da sola, per affrontare un viaggio che non è mai lo stesso perché ogni giorno ci sono problemi con i mezzi, senza nessuno con cui studiare perché tutti abitano lontano da casa nostra, immersa in una realtà nella quale la maggior parte dei ragazzi è classificata come “caso difficile” e la maggior parte dei professori è “piazzata” lì senza la minima motivazione, il fatto che funzioni poco o niente, tutto questo col passare del tempo l’ha abbrutita e demotivata.
Di certo, mio marito ed io cerchiamo di stimolarla, ricordandole quanto forte fosse la sua motivazione. Le consigliamo di guardare solo all'obiettivo e lavorare sodo per quello.
Ma è difficile, per lei e per noi. Il pensiero di come sarebbe stato se avesse scelto un’altra scuola è costante. La sensazione è quella di aver permesso che, nei cinque anni forse più importanti della sua adolescenza, lei si “buttasse via” e questo, per un genitore, è frustrante.
Sara Paioletti