Populismi: l'analisi di Antonio Maria Baggio con i referenti regionali del Mppu

Fine settimana all'insegna della politica a Loppiano dove si sono incontrati una sessantina di referenti dei Centri regionali del Movimento politico per l’unità. Per la Lombardia c’erano Giorgio Zecchini, Fausto e Ivana Dall'Olio, Agostino Gandelli.







Agostino, a detta dell’organizzazione eravate più del previsto! Come ve lo spiegate?
Probabilmente perché in tanti siamo in cerca di risposte alla trasformazione politica in atto. E poi per il desiderio di uno spazio nel quale riconfermarci sulla strada intrapresa e tentare insieme di individuare il senso e la via buona.

Quale navigazione attende il Mppu dentro le acque agiate dell’attuale scenario politico?
La prima risposta è che a Roma su impulso dell’Movimento politico per l’unità, è nato un “Intergruppo per la Fraternità”. Ne fanno già parte 21 parlamentari, in rappresentanza di tutte le forze politiche: da Forza Italia al Partito Democratico, dalla Lega al Movimento Cinque Stelle, da Liberi e Uguali al Centro Democratico: l’impegno è vivere le differenze come ricchezza.

Quali sono state le riflessioni che hanno guidato l’incontro?
Direi quelle che ci ha proposto Antonio Maria Baggio sulla categoria politica del populismo. Baggio, che insegna Filosofia Politica nell’Istituto Universitario “Sophia” di Loppiano, ha inquadrato la questione utilizzando gli studi del politologo Isaiah Berlin pubblicati alla fine degli anni Sessanta: una griglia ‘datata’ per leggere e interpretare l’attualità senza cadere in inutili polemiche.

Dunque cosa si intende con la parola populismo?
Va detto che il concetto nasce da un desiderio di bene ed esprime il desiderio di un ritorno ad un’idea di comunità che vuole colmare le fratture fra chi vive la realtà e chi governa. Percepire distacco e divisione fa sentire soli e fa soffrire. Scatta perciò un desiderio di ritrovare un senso di appartenenza e si segue chi riesce a far intravedere questo sbocco. Il rischio può essere quello di costruire un’idea di comunità non completamente inclusiva.

Questa concezione colloca il populismo nell’innovazione o nella conservazione politica?
Il populismo vuole anche una trasformazione, per cui di per sé non è regressivo, anzi. Ciò è vero se nasce come esperienza di uscita dal colonialismo o da una dittatura. Ma può non essere così se nasce dentro un’esperienza democratica.

Sull'oggi?
Nel quadro attuale, la proposta cosiddetta populista, è anche il frutto di una fase di riequilibro degli assetti economici a livello planetario, dove i Paesi ricchi temono di perdere potere e influenza, a favore di quelli poveri. La risposta che nasce è comprensibilmente di tipo difensivo, ma può rappresentare il rischio di una politica costruita sui bisogni localistici, che non tiene conto della trasformazione globale.

Perché il confine tra populismo e autoritarismo è così sottile?
Il populista non vuole cambiare i meccanismi della rappresentanza, ma la rappresentanza stessa. Ottiene il consenso parlando male di tutto il sistema, non salvando nulla e puntando ad escludere le forme intermedie di rappresentanza. Il politico populista si pensa come l’unica vera e onesta alternativa da contrapporre al resto. ‘Se siamo i migliori non possiamo sbagliare – sentenzia il populista - Di sicuro c’è un errore dall’altra parte”. In quest’ottica, l’indeterminazione dei mezzi e dei programmi e la loro volatilità è giustificata dal sentirsi gli unici a meritare fiducia: cambiare disinvoltamente posizione e proposta rientra in questa logica di autoreferenzialità. Individuare poi un capo indiscusso, che si definisce portavoce del popolo, è una delle conseguenze dell’approccio populista: l’assolutizzazione del leader può spingere fino all’epurazione delle posizioni critiche e del dissenso.

E l’enfasi sulla concezione di popolo?
Nel populista è quasi una questione mitica. Lo considera come un corpo unico, indistinto, che forma una comunità omogenea, quasi negando la soggettività della persona, distaccandosi così da una visione che riconosce la diversità e l’unicità di ciascuno.

Come può aiutare questa griglia ‘datata’ a decifrare il nostro confuso presente?
Sicuramente ciò che si è determinato con il voto politico del 4 marzo, nasce come desidero di generare uno strappo, una discontinuità con quanto vissuto fino a ieri. Con l’ampia legittimazione democratica ottenuta, partiti e coalizioni usciti vincenti dalle elezioni politiche si assumono la grande responsabilità delle tante aspettative di cui hanno lastricato la campagna elettorale, forse con eccessiva facilità. E se forse mediamente possiamo sentirci più rappresentati, non dobbiamo perdere obbiettività e spirito critico e vigilare sull’uso di un così ampio consenso.