Tarcisio Pacati, la vocazione al bene comune

Ricorre oggi l’anniversario della nascita di Tarcisio Pacati (Clusone,12 settembre 1904 - Seriate, 12 ottobre 1960), parlamentare bergamasco del primo decennio dell’Italia repubblicana (1948-1958). La sua città natale gli ha intitolato il polo scolastico di istruzione superiore ed è da un prezioso e documentatissimo lavoro degli studenti, realizzato una decina d’anni fa, che prendiamo spunto per ricordare un uomo politico che “lavorava e studiava per gli altri – come scrisse il suo collega Igino Giordani – considerandosi servo dei fratelli, e soprattutto dei fratelli più disgraziati".




IL CRISTIANESIMO NON E’ UN INSIEME DI RITI

Una delle testimonianze raccolte dai ragazzi è quella di Maddalena Baccanelli, oggi quasi novantenne. Agli inizi degli anni Cinquanta, come tanti bergamaschi, era emigrata in cerca di lavoro. L’aveva trovato a Zurigo come cameriera di sala in un rinomato albergo. Avendo saputo che un parlamentare italiano avrebbe tenuto una conferenza in città decise, “per spirito patriottico”, di andare a seguirla. “Quando scoprii che il parlamentare era Tarcisio Pacati, mio concittadino, quasi ebbi un mancamento. Al termine del suo discorso corsi sul palco per salutarlo e mi sentii accolta come se fossi stata una figlia. Ciò che mi trasmise in quella circostanza fu una diversa visione delle cose. Incontrai un cristiano che spiegava che il cristianesimo non è un insieme di riti – come fino ad allora io l’avevo vissuto – ma è amore per l’altro”.

Da quel momento prese il via una singolare corrispondenza fra il parlamentare e la giovane concittadina, fatta non di cronache ma di vissuti e di passaggi d’anima di chi guarda alla propria patria con l’orizzonte del mondo intero.


NEL FRATELLO TROVIAMO CRISTO

Non poteva essere che così per un uomo, anzi, un cristiano che aveva scelto di mettere a disposizione la propria vita e il proprio impegno per “gli ultimi”, sorretto dalla competenza (si era laureato in Ingegneria civile all'Università di Padova), dalla dirittura morale, dalla tenacia montanara e soprattutto dalla forza dello spirito.
In una nota autobiografica dell'ottobre 1956 Tarcisio Pacati scriveva: "Avevo vissuto povero, avevo conosciuto lo spavento della fame e sentivo l'assoluta necessità di raccorciare la distanza fra le classi. Non ero passato al comunismo solo perché percepivo in quale baratro sarebbe caduta l'umanità se in lei si fosse spenta l'esigenza di credere in Dio. Sentivo altresì che il male dell'epoca era dentro ognuno di noi". E aggiungeva: "Immolandoci per il fratello … troviamo il Cristo: Dio - Io - il Fratello. Solo così l'amore circola; altrimenti il mondo fa come il sangue quando le arterie si chiudono: va in cancrena".


AVEVA LA VOCAZIONE DEL BENE COMUNE

Proprio in quel periodo di esperienza parlamentare conobbe Igino Giordani che così racconta di Tarcisio Pacati: "Quando ero deputato [ero solito] dire che a Montecitorio circolavano diavoli a piede libero, ma anche santi con la libertà dei figli di Dio. E pensavo sempre, tra gli altri, all'onorevole Tarcisio Pacati, deputato di Bergamo, che scendeva a Roma da Clusone. [...] Serio, umile, [...] era un uomo che marciava con l'anima anelante verso l'alto: anelante a Dio. E uno se ne accorgeva a scambiare poche parole con lui: che se anche parlava di alloggi per i senzatetto o di assistenza ai contadini della montagna [...] si capiva che nelle creature vedeva il Creatore: la vita in terra era, per lui, una risalita al cielo; e il compito del deputato, così come del consigliere e dell'assessore del Comune, era per lui una azione assidua per inserire il divino nell'umano, per [portare] anche la politica, anche l'economia, all'Eterno. Aveva la vocazione del bene comune, in terra, in vista del Bene unico, in cielo. Si sentiva infatti che la sua anima era unita a Dio".


IL CARISMA DI CHIARA LUBICH CONQUISTA

Il rapporto tra Pacati e Giordani divenne sempre più stretto e collaborativo; a loro si aggiunsero poi altri parlamentari desiderosi di seguire l’ideale dell’unità che Igino Giordani aveva fatto proprio dopo l’incontro a Montecitorio con Chiara Lubich: Gaetano Ambrico, Palmiro Foresi, Enrico Roselli, Angelo Salizzoni e Tommaso Sorgi.

C’è una circostanza particolare, ricordata tante volte da Giordani, in cui il parlamentare bergamasco ha un ruolo determinante in un delicato frangente parlamentare. Era il 16 marzo 1949 e alla Camera c’era un infuocato dibattito sul Patto Atlantico tra filoamericani e filorussi: “Eravamo così arrabbiati […] che io temevo che qualcuno tirasse fuori una rivoltella e sparasse, tanto odio c'era tra i due gruppi. Io avevo chiesto di intervenire ed ecco che prima di parlare si viene a mettere a sedere vicino a me un deputato cristiano, cattolico: l'onorevole Pacati. Dunque mi disse: ‘Mettiamo Gesù in mezzo adesso che parli’. E io prendo la parola. Sul principio chiasso, urla, ecc.; piano piano si fa il silenzio, alla fine la Camera pareva diventata una chiesa, c’era un silenzio perfetto e io esprimevo le idee che noi impariamo nel nostro Movimento, cioè che la guerra non serve a niente, la guerra è la più grande stupidità, la guerra serve per la morte; noi non vogliamo la morte, noi vogliamo la vita e la vita sta nell'amore, nel cercare l’accordo". 


LA VERA POLITICA

Generoso nella famiglia, nella professione, nella politica, Tarcisio Pacati non lo fu meno nella prova e nella sofferenza. Costretto a poco più di cinquant'anni all'inazione dalla paralisi che aveva spezzata la sua fibra, definì quegli anni “dolorosi ma sereni”; e, pochi mesi prima di chiudere la sua vita terrena, scriveva ad un amico: "Forse, per me, questa è la vera politica … Dio sa il perché, ed io non posso che volere quello che lui vuole … Ecco questa è la politica: costruzione umano-divina, per cui la città dell'uomo si innalza a città di Dio … tutto il resto è coreografia”.