Viva la montagna! Una proposta di lettura alla ricerca del senso delle cose

"Questa vittoria la dedico alla montagna, perché è un mondo dimenticato e io mi sono votato a raccontarlo, a cercare di salvarlo a modo mio". Paolo Cognetti, trentanovenne romanziere milanese, lo ha detto subito dopo la proclamazione del suo Le otto montagne vincitore del Premio Strega. Un romanzo che in tanti hanno già letto, mentre altri se lo sono portati in vacanza. Così ha fatto Franca che qui di seguito ci dice perché è un libro che vale la pena di essere letto.




La montagna è un sapere
un vero e proprio modo di respirar
e


Ho comprato una copia de “Le otto montagne”, il libro vincitore dell’ultimo Premio Strega, in una splendida libreria: uno di quei luoghi in cui pare che il tempo si sia fermato: alti scaffali di noce consumati dallo strofinio di mani che sfiorano, scorrono, scelgono tra una copertina e l’altra; libri messi in evidenza su tavoli altrettanto antichi; una proprietaria che “sa tutto” e che ti parla di ogni testo con una passione che ti fa farti venir voglia di acquistare tutto.

Leggo sempre il romanzo che si aggiudica quello che è considerato il premio letterario più prestigioso d'Italia. Non sempre i vincitori sono stati all'altezza delle aspettative, ma questo mi ha colpito fin dalla quarta di copertina:

La montagna non è solo neve e dirupi, creste, torrenti, laghi, pascoli: la Montagna è un modo di vivere la vita: un passo davanti all’altro, silenzio, tempo e misura.

D’estate, quando ero bambina, mio padre e i miei fratelli affrontavano lunghe salite e camminavano per molte ore pur di raggiungere la vetta. Morivo d’invidia quando dopo giorni d’attesa mi mostravano fotografie luminosissime e coloratissime che immortalavano il senso e la gioia di una conquista. La montagna ho imparato ad amarla così, e molto più tardi ho capito la ricchezza dell’invito a “guardare sempre in alto” che ci viene da essa. Insomma, tutte le premesse giuste per gustare quest’ultimo lavoro del giovane scrittore Paolo Cognetti.

Pietro è il protagonista del racconto. I suoi genitori sono legati da sempre alla montagna. Ci sono nati e ci si rifugiano sempre, quando possibile, ovunque si trovino. Quando scoprono il paesino di Grana, ai piedi del Monte Rosa, si sentono a casa e affittano una piccola baita per l’estate. Qui Pietro fa amicizia con un ragazzo del posto, Bruno, con il quale si dedica a esplorazioni e gite avventurose tra torrenti e resti di case abbandonate.
Le camminate assieme al padre, invece, diventano l’appuntamento fisso del weekend, quando il genitore sale dalla città per rifugiarsi tra le montagne.
Un duplice percorso di crescita e maturazione per Pietro, nel rapporto con i padre e nel legame di amicizia con il compagno di avventure che durerà (tra presenze e assenze) tutta la vita. Una vera e propria “educazione”: perché la montagna è un sapere, un vero e proprio modo di respirare.

“Le otto montagne” è dunque una storia d’amicizia, un romanzo di formazione, la narrazione di un viaggio avventuroso tra boschi e nevai della nostra terra e di terre lontane, un’ode alla montagna.
Potrebbe essere la mappa che tutti seguiamo nella vita, fatta di fughe e ritorni. È la continua ricerca di noi stessi attraverso gli altri, di rapporti che possono essere accidentati ma granitici, sulla possibilità di imparare e sulla ricerca del nostro posto nel mondo attraverso il tempo, il presente, il passato e il futuro.

Se il punto in cui ti immergi in un fiume è il presente, pensai, allora il passato è l’acqua che ti ha superato, quella che va verso il basso e dove non c’è più niente per te, mentre il futuro è l’acqua che scende dall'alto, portando pericoli e sorprese. Il passato è a valle, il futuro è a monte.


Paolo Cognetti, Le otto montagne, Einaudi 2017